venerdì 26 marzo 2010

Altri pensieri da profano

La campagna elettorale finisce, per me poteva anche non cominciare. A guardare la TV e leggere i giornali, mi annoio e mi amareggio, di fronte a una classe politica incapace di un briciolo di fair play o anche di semplice decenza. Berlusconi grida come un pazzo le sue ossessioni che, a conti fatti, non sono neppure ingiustificate, considerato il meccanismo a orologeria che si mette in moto personalmente contro di lui, sempre al momento giusto. Magistrati e giornalisti si scatenano con puntualità contro di lui ogni qualvolta c’è un’elezione in vista, e questo è un fatto inconfutabile. Perché non fanno le loro denunce in tempi ordinari, perché deve sempre esserci “la scossa” o il “botto”, o come altro lo chiamava il bravo D’Alema con fare misterioso? Bisogna proprio aspettare le elezioni? O c’è un secondo fine, alla fine: distruggere definitivamente l’avversario. Berlusconi risponde in modo scomposto, non discrimina e generalizza sempre, brutto vizio, invece di mantenere il silenzio e la barra dritta sulle riforme. Si dà regolarmente la zappa sui piedi. Chissà chi glielo fa fare? Farebbe un piacere a tutti ad andare via a questo punto, innanzitutto a se stesso.

L’opposizione non si dimostra “volgare”, secondo la descrizione data dal bravo Bersani di Berlusconi, è più elegante ma più subdola. Il suo curriculum del “fare” e soprattutto del fare liberale, lascia molto a desiderare, almeno quanto quello di Berlusconi. Il passato, gettato alle ortiche con grande disinvoltura, pesa ancora sui costumi, se non sulle convinzioni. Poi c’è Di Pietro… Fa da contrappeso a Fini, quanto a ambizione e opportunismo. Rivaleggia con lui nel teatrino lacrimevole e poco credibile della solidarietà sociale. Non convince, venendo da loro.

Domenica mi astengo da un mio diritto sacrosanto. Non importa che si tratti di amministrative piuttosto che di politiche, lo scandalo di questa campagna elettorale c’è stato. Poca sostanza, brutti esempi tanti, brutti fatti anche, intercettazioni a tappeto, fughe di notizie, pressioni indebite… Cose che non fanno bene. Questa volta, il piatto che ci mettono davanti non è commestibile, anzi, è velenoso. Io non ho lo stomaco.

venerdì 19 marzo 2010

annozero

Annozero

Va abolito questo programma? Così com’è somiglia molto, in versione aggiornata, a Santa Maria sopra Minerva ai tempi di Giordano Bruno e di Galileo, dove veniva imbavagliato chiunque non fosse d’accordo con l’inquisitore dal saio nero. La Terra (il Bene Assoluto) doveva essere per forza ancorata al centro dell’universo, a dispetto di ogni evidenza contraria. Il dissenso era considerato come blasfemo ed eretico e andava combattuto con ogni mezzo, la menzogna, la calunnia, la persecuzione…

Bé, la persecuzione, l’Inquisizione, erano da molti considerati intollerabili già allora, quattrocento anni fa e prima ancora, seppure sorrette da un’istituzione come la Chiesa, dotata di potere consolidato nei secoli, esclusivo in materia di fede. Oggi appaiono ancora più intollerabili, roba da Khomeini, da Al Qaeda, da talebano afgano, con un segno negativo d’inciviltà, almeno nei paesi occidentali. Tanto più se si considera che il potere di Santoro, di Travaglio, e dei tanti novelli procuratori che si preparano al momento di entrare in politica, di diventare capi partiti e deputati europei seguendo le orme di Di Pietro, di De Magistris, è frutto di un’auto-investitura e non ha neppure la legittimità della Chiesa, benché spuria anch’essa come dimostra la Storia.

Chi sono questi? Da dove prende origine il loro diritto a rettificare il cammino individuale e comune, l’etica, la moralità di ciascuno e di tutti? Di castigare e rigettare chiunque non gradiscono fra i capri del Giudizio Universale che la TV consente loro, settimana dopo settimana? E se loro sì, perché gli altri no? Io non riconosco a nessuno questo potere e questo diritto. Sarà che sono sempre stata contro la fede istituzionalizzata e piuttosto dalla parte del dissenso, dell’eresia, per la semplice ragione che rifiuto l’egemonia del Bene Assoluto. Preferisco di gran lunga il bene praticato dall’individuo nelle azioni giornaliere, in silenzio, senza rulli di tamburo e suoni di tromba. Sarà anche una scelta personale quella di una democrazia imperfetta ma vivibile, piuttosto che la Repubblica di Calvino.

Annozero? Non ho potere di abolirlo, questo progamma. Posso solo evitare di guardarlo, se non di sfuggita, per passare ad altro.

lunedì 15 marzo 2010

Fuori

Fuori

Fuori da ogni interesse politico
- Berlusconi: troppa leggerezza nel trattare una materia pesante come la gestione di un paese democratico (pieno zeppo di problemi)
- Fini: maestro di opportunismo. Quando la nave cola a picco...
- Di Pietro: ha impostato la sua manifestazione al “contro Berlusconi”, non certo alle necessarie riforme. Del liberalismo non conosce l’ABC, del potere sì, possibilmente a colpi di "pedate nel sedere" dei nemici, promette bene
- Bersani: ha detto di stare “molto bene” con Di Pietro. Segno che anche a lui non importa molto né del liberalismo né delle riforme
- Casini: vuole fare quello che sta sopra le parti, quando si tratta della sua sopravvivenza
- D’Alema: non esiste più. Troppo furbo, troppo cauto. Non prende rischi, forse perché non crede a niente
- La Lega: funziona bene ma rappresenta la disgregazione di questa “realtà meramente geografica” – diceva Metternich – che è sempre più l’Italia.
Chi resta? Per chi votare nelle prossime elezioni?
Boh…

mercoledì 10 marzo 2010

L'aquila 11 mesi dopo





I video sono stati realizzati da Laura Preite e Leopoldo Papi, due giovani reporter di Futura, giornale del Master's di giornalismo dell'Università di Torino.

domenica 7 marzo 2010

Vita e destino 4

La delusione di Liss

L’Obersturmbannfuhrer Liss è convocato a Berlino da Himmler per una riunione riguardante le misure speciali prese dalla Direzione della Sicurezza del Reich. Prima, però, ha l’ordine di stendere per Eichmann un rapporto sulla costruzione dell’obiettivo speciale che sorgerà vicino al Campo che dirige e, pertanto, dovrà recarsi a ispezionare alcune fabbriche fornitrici.

E’ felice all’idea di lasciare il campo per qualche giorno, di andare nella sua Berlino dove l’aspetta l’amante, e di poter riposare insieme alla famiglia nella sua vicina casa di campagna.

Parte in macchina per il suo giro d’ispezione. Visita le fabbriche Foss che preparano le consegne importanti previste dalla Direzione di Sicurezza. E’ soddisfatto del lavoro scrupoloso svolto dagli ingegneri meccanici che curano i nastri trasportatori e dai termo-tecnici che stanno mettendo a punto i forni. Lo è molto meno delle fabbriche chimiche che non hanno ancora raggiunto la produzione richiesta e che presentano una lunga lista di lamentele per giustificarsi. Incontra le fisiologhe, le biochimiche e le chimiche del laboratorio di analisi, specializzate chi in anatomia patologica, chi nelle combinazioni organiche a bassa temperatura di ebollizione . Incontra anche il professor Fischer, tossicologo.

Il giorno seguente, Liss vola verso il cantiere dove si preparano le consegne dei pezzi di ricambio, parti di nastri trasportatori , tubi di ogni genere, trituratori di ossa, misuratori elettrici, e rilevatori di gas. In altri depositi s’imballano i gas in bottiglie dai beccucci rossi e “contenitori da quindici litri che somigliano a vasetti di marmellata bulgara”.

“Il sito, scrive Grossman, non si distingueva assolutamente dai giganteschi cantieri tipici della metà del XX secolo”. Liss si dirige con i suoi compagni verso un edificio quadrato di cemento grigio, dai muri ciechi, che è il cuore di questo complesso di mirador, forni di mattoni rossi dalle alte ciminiere e torri di controllo. L’ingegnere progettista spiega a Liss che “l’edificio grigio è costruito sul principio della turbina. Trasforma l’energia e tutte le forme di vita in materia inorganica. Questa turbina di tipo nuovo deve vincere la forza delle energie, psichica, nervosa, respiratoria, cardiaca, muscolare, e circolatoria. L’installazione riunisce in sé i principi della turbina, del mattatoio e dell’inceneritore di rifiuti.”

La sala principale è costruita secondo le regole moderne dell’industria di massa e della velocità. Nel corridoio di cemento la velocità di adduzione della vita è calcolata alla stregua del passaggio di un liquido in una tubazione, secondo la densità, il peso specifico, la viscosità… “Il suolo era costituito da pesanti lastre di cemento con connessioni perfette, che si aprivano in verticale per consentire il passaggio del contenuto della sala nei locali sottostanti dove operavano brigate di dentisti… prima di convogliare il materiale con il nastro trasportatore alla destinazione finale dove sarebbe stato trasformato in concimi fosfatati…”

Avete indovinato subito?. Io ci ho messo un po’, dopo pagine di descrizione neutra e dettagliata di questi ambienti altamente tecnologici creati da ingegni di primissimo livello che, sulle prime, suscitano quasi ammirazione per le capacità industriali del Terzo Reich. Finché uno prende coscienza, d’un tratto, di ciò che sta leggendo…

E Liss, cosa ne pensa? E’ deluso. Eichmann verrà di persona in cantiere a ricevere il suo rapporto. Non ci sarà dunque l’atteso viaggio a Berlino, le allegre rimpatriate con la giovane amante, con gli amici e i parenti. Nella notte incontra l’alto ufficiale che lo tempesta di domande sulla capacità dei chimici, sul buon funzionamento delle fabbriche e dei cantieri. “Liss aveva l’impressione che Eichmann non vedesse nulla di speciale in questa impresa che pure suscitava un sussulto segreto di orrore anche nei cuori più duri”. Si rende conto di non sopportare più lo stato di tensione nervosa in cui vive continuamente. E vorrebbe ritornare “ al suo studio delle personalità ostili al nazional-socialismo e cercare le soluzioni a problemi certo crudeli e complessi, ma che si potevano risolvere senza spargimento di sangue.”

Un sorpresa è stata preparata per gli ospiti. Nella grande sala di cemento grigio è stato allestito un tavolo con rinfresco. I bicchieri vengono riempiti e si attende rispettosamente il toast di Eichmann il quale continua, nel silenzio teso, a masticare il suo tramezzo e poi alza la sua coppa “alla nostra riuscita di oggi e di domani. Credo che i nostri servigi meritino un brindisi.”
L’indomani, qualche minuto prima della partenza, Eichmann si rivolge a Liss e gli ricorda che sono dello stesso paese. Liss è interessato a una cosa sola e chiede: “abbiamo un idea di quanti ebrei si tratta?” Una domanda alla quale solo tre uomini al mondo, a parte il Fuhrer e Himmler, potevano dare risposta, scrive Grossman. Eichmann gli dà la risposta e Liss si stupisce: “milioni, avete detto?” Eichmann dice che è la prima volta che pronuncia questo numero a voce alta e aggiunge:

“A parte il fatto che la nostra cara cittadina d’origine è immersa nel verde, un’altra ragione mi spinge a rivelarvi questo numero. Vorrei che ci unisse nel nostro lavoro comune.”

Liss lo ringrazia e osserva: “dovrò rifletterci. Si tratta di un affare molto serio”.

“Naturalmente, la proposta non viene da me soltanto, ribadisce Eichmann puntandogli l’indice contro. Se condivide con me questo lavoro e Hitler perde, saremo impiccati insieme voi ed io.”

“Eccellente prospettiva, risponde Liss. Merita riflessione.”

“Ma immaginiamo, continua Eichmann, che fra due anni noi siamo di nuovo seduti piacevolmente a questo tavolo e diciamo ‘in venti mesi abbiamo risolto il problema che l’umanità non ha saputo risolvere in venti secoli’.”

Questo capitolo di “Vita e destino” contiene molte altre considerazioni. In particolare, secondo l’abitudine di Grossman, i personaggi sono tratteggiati con estrema precisione ma anche con le sfumature essenziali. Così Liss appare non il mostro che uno pensa che sia ma, nel contrappunto alla figura di Eichmann, un uomo mosso da una scintilla di indignazione, se non curiosamente di umanità. Liss riflette, tra l’altro, sui meccanismi della struttura di potere del Terzo Reich, motivo per lui di inquietudine e di rifiuto. Significativo anche il ritratto di Eichmann, piccolo personaggio della provincia profonda che ha trovato nel potere la giusta rivincita per le umiliazione subite in gioventù.
Malgrado questi aspetti rilevanti, mi è parso più importante riassumere, concentrare in qualche modo, solo le parti da cui emerge l’orrore del sistema nazista. Per non dimenticare. E’ questo il punto: non dimenticare.



Le citazioni dal libro sono virgolettate.

mercoledì 3 marzo 2010

Il lager burocratico

Questo Paese è rinchiuso in un lager burocratico. Chiunque ha a che fare con le istituzioni lo sa. Pensionati, ammalati, privati cittadini alle prese con licenze edilizie, contributive, lavorative, produttori di ogni sorta. Alle leggi, ai regolamenti, alle proroghe, deroghe e quant’altro dedica una parte del suo bel libro Luciano Violante che ne depreca la selva incontrollabile e in crescita esponenziale, anno dopo anno. Sottintesa, l’ incomprensibile lettura delle stesse da parte del comune cittadino. Asino o semplicemente disorientato, non può che essere sempre in fallo, oggetto di sanzioni, in molti casi penali. Sto parlando di violazioni burocratiche, non di reati o di delitti. Non viene riconosciuto un livello minimo di tolleranza dell’errore, né tantomeno la buona fede. Leggi e regolamenti della CEE, dello Stato nazionale, delle Regioni, tutti quanti severamente rigidi e inderogabili, atti a reprimere presupposti impulsi delinquenziali nell'uomo comune, nel suo operare sociale ed economico... Ce n’è da togliere il sonno al più incallito, più cinico, tra di noi, che viviamo e lavoriamo in Europa e in Italia.

Quarant’anni fa, quando mi sono stabilita in Italia, La CEE era ancora il Mercato Comune di pochi (5 o 6) membri, l’Italia era ancora un paese semi-agricolo, i commercianti inveivano contro il famigerato “dazio”. La tassazione era peraltro sopportabile, la classe politica che costruiva la democrazia aveva ancora il senso dello Stato piuttosto che dei propri privilegi, tranne eccezione. La politica aveva un senso. Io votai per la prima volta in occasione dell’istituzione delle Regioni in Italia. Il solo fatto di votare mi riempiva di euforia, così come l’idea delle Regioni, così come dell’Europa comunitaria, della democrazia.

Sono passati quarant’anni. L’Europa oggi mi sembra il caposaldo di una burocrazia super pagata, lontana dalla realtà territoriale dei suoi (26? ho perso il conto) paesi membri, che sforna legislazione secondo la velleità dei singoli e secondo una malintesa correttezza politica, assai lontana dalle esigenze della popolazione che ne subisce l’autorità, assai lontana anche dalla cultura della responsabilità che nessuno rifiuterebbe se solo fosse comprensibile. Lo Stato, membro della Comunità, ne rispecchia i difetti e li amplifica. Le Regioni poi, molto gelose della propria autonomia, li amplificano ancora, dimostrando solo capacità retorica, pochissima capacità di gestione. Un esempio fra tanti: all’Aquila, dove ha tutta la competenza, che cosa ha fatto la Regione per la ricostruzione in questo anno del dopo terremoto? Da molto tempo, sento dire che bisogna sopprimere le Province perché bastano e avanzano le Regioni. In anni di lavoro nell’agricoltura, ho trovato molta più attenzione sul territorio da parte della mia Provincia, collaborazione e azione concreta. Rimpiango il mio voto di gioventù per l’istituzione delle Regioni, fonte oggi di grande confusione, di sprechi enormi (le "ambasciate" regionali presso la CEE oppure a Roma ne sono un esempio curioso e inspiegabile) che sono necessaria premessa di corruzione.

Lo Stato poi e la politica con la P sempre più minuscola, stanno dando da anni uno spettacolo pietoso. Di un ridicolo che non fa ridere, in questi ultimi mesi. Mancanza di progetto, mancanza di azione, in ogni possibile campo, chiacchiere senza esito e cattivi esempi, tanti. Chiunque governi... Molti privilegi, estesi a un’ampia clientela e a uno spesso strato garantito della società. Lo Stato somiglia sempre più a un acquario chiuso, le cui spese immense sono a carico del cittadino.
Quanto può durare ancora?