martedì 11 dicembre 2012

Fuori (dai coglioni)

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Fuori tutti coloro che contestano il Verbo del Grande Riformatore Grillo, il quale si è rotto i coglioni di tutti questi discorsi sulla democrazia.  Non è che lui si smentisca, né smentisca il ricordo di un altro che si rompeva coglioni facilmente, tanti anni fa e lo ha dimostrato per vent'anni disatrosi. Persino lo stile, scambiato per carisma,  è lo stesso: enfatico, ridicolo e micidiale.
Non c’è da sbagliarsi:  la volontà di chiudere il becco agli scomodi nasce da una volontà di egemonia indiscutibile, una volontà di potere sugli altri, fino a togliere loro la possibilità di scelta e di espressione.  Qualcuno ci sarà ancora, e forse più ancora nel caos di oggi, a nutrire la nostalgia del Ventennio, pensando che non ci sia altra soluzione.  Nella provincia profonda in cui vivo, abituata a una intrinseco conformismo dopo molti anni di governo di sinistra. Conformismo per conformismo...E non trovando sbocco, potrebbe fare  vincere il movimento 5S. Ma, tutto sommato, ho l’impressione che stia crescendo un grande senso di delusione, confermato ieri sera anche dai sondaggi nazionali di TG7.  Sarà bene che ci pensi il Grande Riformatore e faccia una seria riflessione.  Niente è sicuro neanche per lui.   Forse la gente ci tiene più del previsto alla propria indipendenza di giudizio.
A fare il Padre Eterno è rischioso anche nella veste di Grande Riformatore, il quale è pur sempre un misero essere umano.   Qualcuno, fra dieci o venti o cinquant’anni, farà l’esegesi del Verbo del Grande Riformatore.  Vedremo allora quale è il giudizio della Storia.  Non aspettiamo quei risultati. Meglio non lasciarci invaghire, meglio pensare alle conseguenze.

domenica 9 dicembre 2012

Sono stata ingiusta


 
Torna Berlusconi:  ho scritto questo pezzo perché l’idea che Berlusconi potesse davvero tornare mi ha fatto una bruttissima impressione. Sono stata ingiusta, almeno in parte.  Oggi è di moda accusare Berlusconi di essere responsabile del “baratro” Italia.   In verità, non è stato peggiore di altri, a prescindere dagli scandali privati:  ha fatto molte riforme in molti campi, spesso inficiate da incostituzionalità o da confusione o da spirito di parte, ma ci ha provato. 
Nel tempo in cui Berlusconi ha governato, era presente la Sinistra all’opposizione in parlamento. Poteva usare il suo grande peso in modo positivo.  No lo ha fatto.  Ha continuato a difendere a spada tratta i corporativismi, segnatamente dei “lavoratori” del pubblico, ha trascurato il degrado della sanità, non ha saputo o non ha voluto arginare le prepotenze dei sindacati e della magistratura per il semplice fatto che entrambi le erano e le sono organici.  Non ha fatto nulla per ridurre o sopprimere i privilegi della classe politica alla quale appartiene, anzi. Ha solo ostacolato e criticato l’operato del governo, dall’alto di una presunta superiorità etica e ideologica molto discutibile (giacché, come il resto della classe politica - Pdl, IDV, Fli, Lega -  il PD  è stato coinvolto in scandali di corruzione).  Grazie alla Sinistra, la rissa è stata all’ordine del giorno, la bi-partisanship assente per principio.  E non poteva andare altrimenti:  il bersaglio era Berlusconi.
E quindi?  E quindi, con questi precedenti, c’è da temere il ritorno della Sinistra al governo quanto l’ipotesi molto lontana di quella di Berlusconi.  Un grave senso di irresponsabilità ha caratterizzato i contendenti.  L'interesse del Paese, in quelle contese brutali, è stato messo in soffita.  Da ogni parte è prevalso il secondo fine, ossia l’interesse particolare.  Così, è stato sperperato tempo prezioso, forse irrecuperabile.
Ora che il Presidente Monti ha dato le dimissioni, ci saranno le elezioni.  Vincerà il PD con la sua armata Brancaleone e in seconda battuta Beppe Grillo. Che cosa ci aspetta? Il caos, punto.  

giovedì 6 dicembre 2012

Torna Berlusconi

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Berlusconi non è abituato a tenere conto dell’immagine che proietta.  Se lo facesse, forse si accorgerebbe del giudizio che si merita oggi, a parte le Ruby del caso, aspetto decisamente minore rispetto ai problemi più gravi.  E’ uno che si è rimesso in gioco per via del decreto contro l’impossibilità di eleggere un condannato, decreto il cui successo è molto ipotetico per adesso, seppure potenzialmente minaccioso.  E’ uno che pensa di giocare sull’incapacità del governo tecnico di Monti, arroccato com’è su cifre e grafici, di toccare la realtà terra a terra di questo paese.  Berlusconi si giova anche dell’incapacità dei sindacati di capire che senza l’impresa non esiste lavoro - muore l’impresa, muore anche il lavoro, questo appare ovvio oggi. Non ha tutti torti, lui che sembrava aver realizzato molte cose.  Ma tutto ciò che ha fatto, l’ha fatto in modo plateale e mediatico, piuttosto che con realismo, offuscando, ignorando nella confusione, i problemi reali e la necessità impellente di risolverli.  I risultati sono stati scarsi, per non dire virtuali.  Non ha in alcun modo lottato contro il corporativismo che è il male reale di questo Paese e tantomeno contro  il cinismo della politica e degli affari, teso unicamente al secondo fine di ciascuno, mai al servizio del Paese.  Tutto questo, Berlusconi non lo vede neanche, forse non ne ha mai avuto coscienza, preso com’era a difendere i propri interessi, come tutti.  Questione di cultura (che non c’è), nient’altro. Non capisce quindi quanto ha contribuito alla devastazione di questo Paese.  E  senza battere ciglio, si ri-propone agli elettori come se non fosse successo nulla.
Stasera, siamo confrontati all’ipotesi di una crisi di governo e molto di più, a un baratro sotto i nostri piedi:  Berlusconi da una parte,  ahimé, che senza pensarci due volte, fa precipitare la situazione;  dall’altra Bersani e la sua armata Brancaleone di cui conosciamo le prodezze.  E una classe politica neanche lontanamente in grado di affrontare i problemi istituzionali, economici e sociali del Paese,  troppo vecchia, troppo impreparata,  troppo vanitosa e ingorda- una palude vera e propria in cui Berlusconi ha sguazzato felicemente per anni e spera di sguazzare ancora. 
Povero Alfano.  Si trova nella situazione poco invidiabile di difendere – molto lealmente e a torto – un capo improbabile.

venerdì 23 novembre 2012

La stupidità

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Lo dimostra la Storia.  Gli uomini non hanno mai perso l’occasione di farsi la guerra.  Non ci sono quasi mai state guerre giustificabili, giacché il potere, o la dominazione di qualcuno su qualche altro non è una giustificazione, per ciò che la guerra comporta.  Non ci sono mai state neanche guerre inevitabili, tranne quella contro Hitler.  Ci sono solo guerre cruente che fanno vittime innocenti.  Oggi in Siria, peggio ancora, giacché è fratricida, un’orgia di distruzione sul proprio Paese da una parte e dall’altra, senza un esito prevedibile, se non altra distruzione e altri morti che diventano nuovi pretesti.  Oggi in Palestina.  Dove nessuno, proprio nessuno, ha ragione, né i Gazawiti né gli Israeliani.  Stanno da una parte e l’altra su posizioni irreducibili, e di lì non si va da nessuna parte.  Si può continuare all’infinito a mandare missili e bombe sul capo dei nemici, finché non vincerà qualcuno, e perderà qualcuno, e comunque finché da entrambi i lati si ritroveranno seduti su un mucchio di macerie.  Forse allora si chiederanno se ne valeva la pena.  O più probabilmente, no.  Riprenderanno fiato per  un po’ e ripartiranno come prima.  Uno scenario già stra-conosciuto.. 
Un MP, di origine israelita del parlamento britannico ha fatto un’appassionata arringa su “Israele che si comporta come i nazisti e, sin dalla nascita pratica il terrorismo.”  Non ho capito la sua rabbia e il suo stupore e le sue parole mi sono sembrate frutto di una elucubrazione passionale, poco ragionevole. Condivido la sua pena per i tanti morti palestinesi di questi giorni.   Ma c’è da fare una messa a punto:  hanno cominciato loro a mandare i missili iraniani in capo a Israele alla quale si rimprovera, in sostanza,  meno morti.  Ma se in missili avessero colto nel segno, i morti israeliani sarebbero stati molto di più e, a quanto capisco, nessuno li avrebbe deprecati.   Israele avrebbe dunque la colpa di avere risposto con efficacia!  Roba da matti.
Poi c’è da dire che dopo più di sessant’anni dalla nascita,  Israele è ormai una nazione come le altre, il suo popolo come tutti gli altri.  La vera domanda è:  perché dovrebbe essere migliore?  Aveva forse il dovere di  imparare la mansuetudine più di altri popoli dopo la Shoah, proprio dopo quella? La natura umana è sempre uguale a se stessa, anche per gli ebrei.  Perché dovrebbero gli israeliani  essere meno stupidi, e i loro politici meno vanitosi, meno ambiziosi,  più lungimiranti di quelli della Siria, del Congo, del Mali?  Qualcuno di loro: Rabin che è stato assassinato,  Ariel Sharon, il massacratore di Sabra e Chatilah,  che all’avvicinarsi della morte ha fatto il suo bilancio personale, e non solo, rendendo Gaza ai palestinesi.  Mosche bianche, e non solo in Isaele.  Ce ne sono poche nella storia dell’umanità.  Ma dire che Israele = al nazismo, mi sembra un po’ grossa.  Dal 1948 non ha fatto altro che difendere  il proprio Paese,  regalatole dalla cattiva coscienza universale, e lo ha difeso con tutti mezzi disponibili e con un certo doloroso successo.  Non doveva farlo? Dipende sempre dai punti di vista:  chi sono i “freedom fighters”, chi invece i “terroristi”?  Ma forse, agli occhi dei tanti, non aveva diritto di difendersi, essendo di radice ebraica, e di fare errori come tutti (le colonie sulla West Bank).    Forse, fino alla fine del mondo, prevarrà questo pregiudizio per cui gli ebrei sono diversi e non hanno il diritto di essere come tutti,  stupidi, violenti, prevaricatori.
Meglio per tutti sarebbe che non lo fossero loro e neanche gli altri, meglio per tutti se si mettessero intorno a un tavolo a ragionare e a dirimere le differenze.    
E pensare che in questi anni, in sordina, si stavano creando dei legami basati sulla cooperazione.  Israele stava diventando cliente della nascente industria palestinese e qualcuno in Israele si spendeva personalmente  a favore delle famiglie palestinesi, private di cure ospedaliere a causa dei numerosi ostacoli militari sulle strade posti dallo stato ebraico.   Si può, se si vuole, trovare un terreno comune per intendersi.  Basta ragionare.

mercoledì 14 novembre 2012

Siria



 
Ricordo gli inizi della la guerra civile iugoslava  negli anni novanta.  Ero in Venezuela allora e ricordo un’ intervista di George Schultz, non più Segretario di Stato di Reagan, forse già  in pensione dopo  un lunga e brillante carriera accademica e politica e industriale (dovrei cercare nei miei archivi per trovare il ritaglio stanpa, e non è facile). George Schultz, nella mia ignoranza, appariva allora come un pupo ingrassato nel sistema Bechtel.  Era ben altro e questa intervista  me lo dimostrò chiaramente.  La  sue tesi era che, se si voleva impedire una guerra civile in Iugoslavia, i  Paesi occidentali dovevano intervenire subito, agli inizi,  forzando la mano delle parti in causa per evitare la tragedia.  Nessun gli diede retta.  Qualche mese dopo, era già troppo tardi.  Sappiamo come andò a finire.   La storia gli diede ragione,
La sua tesi trova la conferma nel conflitto civile siriano,  O l’Occidente, la Cina, la Russia, l’Onu e quant’altri contano a questo mondo, si rendevano consapevoli del fondamentale potenziale tragico  del conflitto e intervenivano subito con tutti i mezzi a loro disposizione, o la guerra civile sarebbe dilagata,  come ieri in Iugoslavia, e avrebbe preso la strada di tutte le guerre, non necessariamente quelle giuste, ma certamente quelle storiche con i più forti che vincono e i più deboli che perdono, con grandi sofferenze.  Per i più deboli s’intende la popolazione,  non certo i contendenti in campo, le cui intenzioni e ambizioni di potere non riguardono la salvezza de Paese. E quello che sta accadendo oggi.  Perché è troppo tardi per recuperare il tempo perduto.  E’ tutto ciò non è ininfluente né per il popolo siriano, né per il Medio Oriente, né per il mondo globale.

domenica 11 novembre 2012

Grande Riformatore




E’ scoccata l’ora del Grande Riformatore, Colui che caccerà i corrotti, i disonesti, i fabbricanti di morte (gli imprenditori del settore ambiente, i produttori di OGM, di nucleare), i banchieri, e proteggerà gli inermi, purché ubbidienti.  Avete indovinato?  Sì, si tratta del Grande Grillo, comico di professione, oggi politico di vocazione, il quale ha vinto le  elezioni in Sicilia (18% di 47% di aventi diritto).  Non manca di panache, Grillo) e neanche di seguaci,  i grillini, il cui nomignolo evoca quei nugoli di insetti fantastici e piuttosto minacciosi , diavoli, forse angeli (caduti?), che popolano le pitture di Bosch.  Grillo ne dirige il coro, con mano ferma - lo dirige, sì, non c’è altra parola, giacché non consente loro la minima stecca, la minima dissonanza, ossia la minima libertà.
Grillo li tiene in pugno, i suoi seguaci e, nel preparare le elezioni legislative che lo faranno primo ministro, ha imposto loro le regole ferree e non eludibili del suo volere diventato Verbo.  Persino il Grande Riformatore che lo preceduto, avendo perso tutto, si siede oggi ai suoi piedi e invoca il suo potere di taumaturgo.  Di Pietro, proprio lui - e Grillo lo ricompensa, consacrandolo Prossimo Presidente della Repubblica, a vittoria non solo avvenuta, ma certa, scritta nelle stelle della sua rettitudine di Grande Riformatore.  Sì, proprio Di Pietro che si dibatte a sua volta in uno scandalo di quattrini e balbetta insulse giustificazioni davanti alle telecamere di Report.  
Grillo, da comico, mi faceva ridere.   Mi fa ancora ridere  come Grande Protagonista  dello scenario appena descritto.  Se non fosse che questa ridicolaggine, ricorrente nella storia del nostro Paese,  è costata cara in passato.   Ben prima di Berlusconi, con le sue Ruby e cantanti di corte, ben prima…  Perché la ridicolaggine rilevava allora, più di 70 anni fa,  e inevitabilmente anche oggi, da una micidiale prevaricazione sui diritti fondamentali della gente in una democrazia, e in primis il diritto di pensare. E Grillo, il grande Pedagogo, lo dimostra. L’Italia di oggi è brutta, è disastrata, è corrotta, è incapace di disciplinarsi ma è ancora libera di pensare. Uccidi il diritto di pensare e hai  un popolo soggiogato e dunque una tirannia.  Non si scappa di lì. Grillo è troppo ingenuo per capirlo?  Non credo.  Credo piuttosto che risponda a un impulso viscerale incontrollato che non ha niente a che vedere con la ragione, tutto a che vedere con la vanità e il delirio di potere. Forse l’Italia, disperata com’è, è disposta a questo oggi?  E’ già successo, accidenti, non deve ricaderci.  Meglio ripensare le proprie priorità, meglio ragionare, insomma, qualunque ne sia il costo.

martedì 6 novembre 2012

La bimba del Kashmir




Riporto una notizia che ho sentito in TV ieri sera.  Tempo fa, nel Kashmir pachistano, per avere scambiato uno sguardo con un ragazzo che passava davanti a casa sua, un’adolescente è stata cosparsa di acido dai genitori ed è morta. I genitori sono sotto processo.  Gente semplice e povera.  Il padre ha testimoniato di aver bastonato la figlia e la madre di averla cosparsa di acido.  La madre ha dichiarato di non averlo fatto apposta.  Entrambi hanno giustificato il fatto dicendo di avere già avuto problemi con la figlia maggiore e di avere, senza pensarci due volte,  ucciso la più giovane perché non potevano “sopportare un’altra perdita di faccia di fronte al paese”.   Immagini terribili degli altri numerosi figli che piangono e chiedono consolazione ai genitori. 
La cosa si commenta da sola.  Si spiega con una lunga abitudine alla miseria e all'intolleranza.  Di tutta evidenza, per alcuni in questo mondo, non c'è scampo da questo congegno micidiale. 

mercoledì 4 luglio 2012





Non sempre c’entra l’imponderabile

Sarebbe troppo comodo spiegare tutto così.  In Siria, le cose si spiegano diversamente.   Si spiegano per la selvaggia volontà di potere del Regime.  E’ da tanto che osservo con smarrimento la situazione siriana, al punto di non trovare i pensieri per pensarla e le parole per commentarla.  Capisco le ragioni geopolitiche della Russia e della Cina, e anche dell’Onu e dei paesi occidentali. ma c’è anche un punto di non ritorno da valutare.  Ed è valutabile nel numero insostenibile di torturati e di morti, da quando è cominciata la rivolta siriana.  C’è un punto in cui si deve dire basta.  Come fermare questa strage, non lo so.  Giustamente, in Occidente, non si vuole un altro intervento militare costoso e dagli esiti dubbi.   Ma quale altra soluzione a questo punto, se la Russia e la Cina continuano a sostenere un regime genocida e a prolungarne la vita a dispetto di ogni regola di convivenza?  Hitler non sarebbe stato sconfitto se l’Inghilterra non avesse preso il toro per le corna.  La Siria ha il più  importante tesoretto di armi chimiche esistente oggi.  E’ un autentico pericolo per la propria popolazione, per il Medio Oriente e per via di conseguenza per il mondo.  Ci vogliamo pensare.

martedì 3 luglio 2012


L’imponderabile
Ho sempre temuto l’imponderabile
L’imponderabile si presenta come un insieme di circostanze ineludibili e concomitanti, fatte di irrazionalità, d’imprevedibilità e/0 di leggerezza che si mette in atto in un evento o in una mente, cambiando il corso della storia o di una o più vite vita umane.  E’ più forte del destino ineluttabile, come viene percepito nella cultura popolare, ne diventa  detonatore, quando entra in gioco la distrazione dell’uomo.


L’incontro tra un piccolo e mediocre giovane -  senza un soldo e senza un futuro nell’Austria alla vigilia della prima guerra mondiale, che passa il tempo a disegnare i palazzi della sua città ma non ha abbastanza talento per imporsi - e qualche ebreo hassidim in caftano, con il naso adunco e i lunghi riccioli, figure che spiccano nella società austriaca, ne sono un  elemento tanto estraneo da essere considerato pericoloso.    Poteva non avvenire.  E’ avvenuto con le conseguenze che sappiamo.  Avete indovinato di chi si tratta.


La Bastiglia nel 1789.  Non custodiva quasi nessun detenuto.  Era una fortezza in disarmo.  Ma nell’immaginario popolare (più che in quello nobiliare, seppure i nobili fossero i frequenti residenti della Bastiglia), rappresentava la forza negativa del dominio reale, sin dai tempi delle “Lettres de Cachet” di Luigi XIV.   La presa della Bastiglia fu un evento simbolico, senza alcuna valenza prammatica. Eppure fu il momento iniziale di una rivoluzione.  Poteva non accadere, non era necessario che accaddesse. Ma perché è accaduto, tutta una lunga storia, dalla Rivoluzione francese alla marxismo, al comunismo, è ugualemente accaduta.  Con i risultati che sappiamo.


Una catena di piccoli errori di manutenzione, non necessariamente voluti o in mala fede o commessi per motivi strettamente economici, vista la rigida regolamentazione nella UE e negli Stati nazionali:  distrazioni che si esplicitano nella tragedia di Viareggio di tre anni fa.  Perché ?


Un cd maneggiato con uguale distrazione da un autista alla guida di un pullman carico di bambini in un tunnel.  Un persona sicuramente professionale e attentissima.   Lo schianto c’è stato, imprevedibile e devastante.


Di esempi così che ne sono tanti.  Come fare a disarmare l’imponderabile?  Non si può.  Neanche le predizioni di Nostradamus possono niente contro l’imponderabile.  Solo la saggezza dell’uomo, quando  c’è, può metterla in conto, una percentuale sconosciuta delle sue azioni le quali non sono mai senza conseguenze.    Le azioni umani non sono mai senza conseguenze.  Questa è la lezione da trarre, e la può trarre un manutentore, un autista, un futuro dittatore sempre che ne abbia voglia, un uomo qualsiasi.  Basta che lasci la sua casa al mattino pensando “non voglio fare danno a nessuno”.
   

venerdì 22 giugno 2012


L’altra opinione

Sono stata avventata?  Non ho riflettuto abbastanza? Ho lasciato parlare il cuore e non la testa?  Può darsi.  Ci sono anche altre opinioni riguardo al nucleare, in Giappone e altrove ed è giusto parlarne. 

1)   il Giappone non può vivere senza energia nucleare, pena la morte economica
2)   il gioco dell’imponderabile vale per molte altre cose e l’uomo, se non prende rischi, non va da nessuna parte.  Esempi:  le dighe (il Vajont). L’auto e gli aerei:  quante vittime all’anno, ovunque si guardi?  La ricerca sul cancro: quanti errori che all’inizio sembravano soluzioni e si sono rivelate parziali – dall’interferone, alle interleukine, alle ricerche attuali sulla T cell, che finiscono spesso in un vicolo cieco.  La perfezione non esiste.  C’è sempre qualcosa che non sappiamo.  La scienza e la tecnologia sono, per definizione,  sperimentali.  Ma non se ne può fermare i cammino.  Le cavie pagano il prezzo, ma è il prezzo da pagare per ogni piccolo progresso.  La scienza e la tecnologia sono il progresso, a differenza di altre attività umane come la guerra.

Tutte cose vere e razionali, lo riconosco e faccio il mea culpa.  Però le immagini della bomba nucleare in Giappone mi sono rimaste come scolpite in mente, così come Tchernobyl e Fukushima.  A questo punto, ascolto e annuisco, ma non so più quale sia la cosa giusta, né se esiste la cosa giusta e perché non debba esistere.  Ci devo ancora riflettere.

domenica 17 giugno 2012





Riparte il nucleare in Giappone?

Almeno in minima parte, con la riaccensione di due reattori.  Pare che il Paese abbia superato la paura di Fukushima, per la troppa necessità che ha di energia nucleare.  Ma questa decisione è, lo stesso, incredibile.
Ciò che Fukushima ha dimostrato in modo plateale non è la pericolosità del nucleare di per sé.  E’ piuttosto l’inabilità dell’uomo a prevedere  tutte le variabili di pericolo che si possono presentare, in un immenso e imponderabile panorama di circostanze; e trovare e praticare correttamente le infinite soluzioni tecnologiche che questo implica, sia nella costruzione delle centrali sia nella loro costante manutenzione.    

L'energia nucleare potrebbe diventare la salvezza del pianeta se l’uomo riesce in questo tour de force.  Poco probabile: l’uomo non è né perfetto né onnipotente, anche se tenta di esserlo.  Questo è un primo motivo per cui  il nucleare, che ha in sé grande potenziale, può causare devastazioni,  come dimostrato a Fukushima, e prima ancora a Tchernobyl.  E’ vero per il Giappone, Paese sismico per eccellenza e  storicamente soggetto agli tsunami, dove la tragedia di Fukushima si spiega appunto con l’imprudenza delle scelte e gli errori di esecuzione.   Ma vale per qualsiasi paese dove si è creato una grande dipendenza verso il nucleare, ivi compresa la Francia, malgrado  tutte le precauzioni messe in atto.  Il secondo motivo sta nel fatto che essuna scelta è garantita a priori, nel costruire una centrale, semplicemente perché è una tecnologia che resterà sempre sperimentale. Per quante tappe si siano superate, ce ne sono sempre altre e altre ancora, e la sicurezza perfetta viene sempre rimandata avanti nel futuro.  Potrebbe essere irraggiungibile.  La cosa da non dimenticare è questa:  gli errori si riversano su cavie che sono,  in questo caso, innumerevoli.  La motivazione economica giustifica questo?  Fukushima, con l’ampiezza del disastro, sembrerebbe smentirlo. 
Per parte mia, ho sempre pensato che l’energia nucleare fosse una soluzione utile e attraente, anche perché le rassicurazioni erano innumerevoli, difficili da valutare per un profano, e nel complesso corroborate da risultati accettabili.  Dopo Fukushima, tutto è stato rimesso in questione.  Ma, ripeto , non c’è da condannare il nucleare di per sé, bensì la scarsa possibilità di raggiungere risultati definitivi.  Questo deve far riflettere.  Ed è strano che il Giappone che è stato vittima prima e unica dell’uso improprio fatto dell’energia nucleare con la bomba atomica, abbia rilevato la sfida - da samurai – di intraprendere la strada delle centrali.  Più strano ancora che, dopo Fukushima, ci torni sopra. 

mercoledì 13 giugno 2012

Il governo Monti deve continuare

Il governo Monti, malgrado i suoi errori in materia di lavoro e la sua incapacità di valutare le priorità politiche, deve continuare.   Per tre ragioni:  la prima è che è l'unico in grado di rappresentare degnamente e di difendere l'Italia nella UE e in campo internazionale. La seconda  è la sua buona fede e mancanza di secondi fini, seppure maldestre e a volte inopportune.  La terza è che la politica è assente, per non dire inesistente.  Sarebbe il colmo che cadesse questo governo perché i partiti vogliono darsi un ruolo.  Ci dovevano pensare prima. Bersani si attacca oggi alla questione dei gay per darsi una verginità liberale, e questo fa ridere data la mole di problemi che assillano il paese.  Se cade il governo Monti, l'Italia finisce in un buco nero.  Non facciamo casino, ragazzi, non è tempo.

domenica 10 giugno 2012



Sono triste di nuovo

Per gli spagnoli questa volta e per la Spagna che amo in modo speciale. Nei 30 anni dopo la dittatura si è trasformata, non più vivaio di domestici per la vicina Francia, ma un modello che avremmo dovuto seguire anche noi negli stessi anni (siamo lontani anni luce).  E’ un paese ordinato, con belle infrastrutture, con un sistema di trasporti invidiabile, ivi compresa la TAV.  E’ un paese di gente fiera che ce l’ha messa tutta per arrivare a questo risultato, partendo da zero.
Poi, incredibilmente, la Spagna è caduta nella trappola della bolla immobiliare, grazie alle sue banche e soprattutto a quelle inglesi che le hanno allegramente finanziate.  L’America, che tanto moraleggia adesso, ha insegnato anche questo.  Le bolle, dicono, sono asimmetriche:  si formano su un periodo lungo, protette da un successo apparente, e poi fanno un botto devastante.   In Spagna oggi vi sono 200 sfratti al giorno e una disoccupazione da record, malgrado le riforme gravose che sono state predisposte.
 Ieri la BCE, consapevole del rischio per l’Europa che costituisce la situazione spagnola, ha stanziato non so quanti miliardi di euro per il salvataggio della Spagna.  Si fa per dire:   i miliardi della BCE andranno alle banche spagnole, responsabili del disastro, per pagare poi quelle inglesi, ormai specializzate nella speculazione.    Le Banche riceveranno questi milioni o miliardi per sistemare i conti tra di loro, ma non potranno poi aprire i cordoni della borsa a qualsiasi iniziativa di sviluppo perché i soldi non ci saranno più.
Io non m’intendo di economia e ancora meno di finanza speculativa, ma una domanda mi viene spontanea:  perché i soldi della BCE devono servire a salvare le banche spagnole e infine quelle inglesi che sono fuori dal sistema Euro?  Quei miliardi escono dalle tasche nostre (anche da quelle spagnole).  E lì c’è qualcosa che non torna.


Non è un sudoku

Non si  può andare a tentativi, cambiando i numeri qua e là per fare tornare le righe e le colonne.  Intanto, perché così non tornano mai.  Chiunque fa i sudoku lo sa.  Non si può mettere a casaccio un tanto percento in più sulle accise o sul prezzo benzina o sull’IVA, un tanto di IMU in più sulla prima, la seconda, la terza casa (quanto, non lo sa ancora nessuno).  Ci sono dei parametri inamovibili:  il debito, il PIL, la recessione, la disoccupazione, e più in generale il disorientamento, la povertà, la disperazione dilagante.  Sono la conseguenza, non dell’incapacità e della voracità delle aziende, non della disonestà generalizzata dei contribuenti, bensì del fatto che la classe politica (in disarmo), la burocrazia (ridondante e dilagante), e il governo tecnico ( a questo punto inutile) si accaniscono a giocare a questo sudoku infernale, senza riuscire a infilare a diritto le righe e le colonne. Così i conti non torneranno mai e le tasse continueranno ad aumentare.  Non c’è un sistema migliore di governare un Paese?

giovedì 7 giugno 2012

Un attimo di pace

Il più grande violinista che suona un pezzo del più grande compositore..


http://www.youtube.com/watch?v=C2T-stg5BMU&feature=related

giovedì 31 maggio 2012



Hieronymus Bosch, nostro contemporaneo

Un personaggio difficile da collocare, da circoscrivere, da capire, Hieronymus Bosch. 
Guerra, eresia, esoterismo, occultismo, alchimia, stregoneria, grande libertà, grande trasgressione alla quale risponde già la repressione pre-tridentina:  si conoscono bene ormai  gli elementi iconologici che caratterizzano la pittura di Bosch e lo rendono formalmente testimone della cultura del suo tempo.

Meno leggibile, invece, è il quadro iconografico, seppure si rifaccia agli elementi di cui sopra.  Come una specie di universo fine a se stesso, esso è confinato – si fa per dire – e trova la sua compiutezza solo nell’immaginario del pittore, con pochissimi e stilizzati richiami alla realtà  Ciò che interessa Hieronymus Bosch alla fine, non è la natura,  ma  la natura umana.  Ne indaga l’intera gamma di virtù e soprattutto di vizi, dispiegandola in una fitta schiera di simboli, mai identici a se stessi, rivisitati e arricchiti di connotazioni e sviluppi singolari. Una classifica in piena regola, le cui categorie sono in costante evoluzione.   I temi più importanti di natura religiosa finiscono spesso per diventare pretesto a ben altro.


C’è un’interessante disparità qualitativa e quantitativa.  Il quadro dei sette peccati capitali, o il pannello dello Inferno musicale nel Trittico delle Delizie, non ha alcun pendente in rappresentazioni delle virtù teologali (che appartengono a Dio) e neppure in quelle cardinali (che appartengono in via di principio all’uomo).  Ovunque, la virtù appare assediata, (Sant’Antonio, Ecce Homo, le controverse Nozze di Cana)  fragile di fronte alla prepotenza  del vizio, sempre sul punto di essere sconfitta.  La virtù, insomma,  è poca e sofferta, ed è rappresentata in modo  spoglio e piuttosto statico, mentre il vizio è tanto e trionfante, nella sua perenne e movimentata eccitazione .  L’universo di Bosch racchiude il disordine sulla Terra, forse più interessante ai suoi occhi per gli innumerevoli risvolti.  Il Paradiso terrestre sul lato sinistro del Trittico delle delizie ha un aspetto di grande delicatezza e tuttavia fissano la nostra attenzione, oltre a qualche animali esotico a rappresentare il paradigma del Creato, anche un gatto che divora un topo, uno strano uccello quasi preistorico che toglie un uovo dalla bocca di un’anatra,  scorpioni, rospi, pesci volanti e voraci di cui uno tiene in bocca un imbuto, una tartaruga il cui corpo è un uovo e la testa un uovo rotto, e naturalmente il serpente avvinghiato all’albero della vita:  chiari segnali delle forze demoniache che insidiano gli ultimi arrivati Adamo ed Eva e presagiscono la loro perdita di innocenza .  Nel Trittico del Peccato originale, già sotto i piedi del Cristo in gloria seduto in cielo, si affollano angeli caduti o forse demoni dalla forma di insetti alati, ma anche rospi,  ragni, e non solo, anche uomini volanti.  Sciamano verso i basso alla conquista della Terra e  il loro gran numero fa temere la loro vittoria.

Quando più, quando meno, a non eludibili e tradizionali scene religiose si accostano di sbieco, a volte solo  accennate nello sfondo oppure in modo invasivo,  le figure del Male - nel Trittico dell’Epifania, come nella tentazione di Sant’Antonio e le Nozze di Cana.  Chi non sapesse dal racconto biblico che il Bene, grazie all’Incarnazione, alla fine riuscì a prevalere , potrebbe avere avuto qualche dubbio sull’esito felice della storia.  Questo dubbio avrà sfiorato anche Hieronymus Bosch? 
uesto QQ


Un cambiamento di registro s’insinua molto presto nell’atteggiamento del pittore.  Tralasciando i simboli o utilizzandoli come elementi decorativi, incomincia in alcuni suoi quadri a puntare l’attenzione sull’uomo.  Indifferenza, malvagità, follia e mancanza di compassione, curiosità, avidità, ecco cosa legge e imprime sul volto di personaggi fino allora inespressivi anche in stretto contatto con la divinità, anche in mezzo a scene infernali.  ( Il Trittico dell’Epifania, L’Incoronazione di spine, Ecce Homo).  E’ una nuova presa di posizione personale che si dichiara, ponendo l’uomo al centro del grande problema della colpa?  E che cosa significa?

Bosch è stato definito come un moralista e lo era formalmente.  Lo dimostra l’affiliazione familiare e sua propria  alla Confraternità di Nostra Signora, il cui scopo principale era il rinnovamento del costume religioso.  Non poteva in alcun caso esimersi da una devozione tradizionale.  La sua condanna di giudici corrotti, monaci e monache lussuriosi  ecc. si rifà, in termini iconografici, a un’ampia cronologia. Sebastian Brandt era già passato di lì, accomunando il peccato e la follia.  Non c’è da stupirsi quindi che Bosch non sia stato né ateo – non era possibile, allora – né eretico, bensì ortodosso.  Più per dovere che per scelta?  Difficile a dirsi: siamo agli albori del pensiero moderno in Europa.  Gli hanno anche attribuito un certo misticismo che troverebbe espressione nell’Ascesa all’Empireo, quarta tavola delle Visione dell’Aldilà di Venezia, le cui derivazioni sono controverse.  Che Bosch fosse attratto dal misticismo del suo tempo è possibile, che lo abbia rappresentato in modo geniale e del tutto insolito, è sicuro, con il ricorso a strumenti iconografici a lui, e a lui soltanto, riferibili.  Misticismo e moralismo presuppongono, tuttavia, l’ottimismo di fondo implicito nella fede e nell’efficienza salvifica del messaggio cristiano.  Nel Medioevo, questo ottimismo e questa fede erano totali, non ancora inficiati da una precisa percezione del demonio, anche sul piano iconografico. I demoni facevano parte del “bestiario” medioevale e tanto bastava per spaventare gli animi semplici.  Mai erano stati rappresentati in modo così vario e invasivo, come nella pittura di Bosch. Perché?

Curiosa, in un ricco e rispettato rappresentante dell’élite  di ‘s Hertogenbosch, questa marcata tendenza al fantastico e la valutazione tutto sommato secondaria degli eventi maggiori del Vangelo. In realtà, resta a oggi difficile afferrare la figura di Bosch.  L’attribuzione stessa delle sue opere non è certa, la loro affiliazione e cronologia ancora meno.   Però c’è un’unità d’intenti assai chiara che traspare perfino nelle copie delle sue opere, e quella non poteva appartenere che a lui. Uomo del suo tempo, Bosch?  Certamente. I tempi erano  movimentati, si aprivano su orizzonti di conoscenza incalcolabili, probabilmente destabilizzanti, e su un futuro buio.  Ma ciò non spiega fino in fondo questa singolarità sia nel senso sia nel segno che caratterizza la sua pittura.  Di benpensante non c’è nulla in Hieronymus e neanche di pedagogico.   Se piacque ai suoi contemporanei non fu per il messaggio morale, bensì  soprattutto per il divertimento che suscitava la sua capacità narrativa e  per il segreto richiamo a una libera lettura del mondo che essa consentiva. 

Nel cercare di capire questo strano personaggio, alcuni hanno messo in campo gli strumenti psicoanalitici del nostro tempo.  Correttamente?  I parametri della mente umana sono rimasti immutati dalla notte dei tempi.  Ciò che è cambiato è il contesto come sempre, dando raffigurazione e peso  diversi a aspirazioni, sogni, paure, speranze, secondo le epoche.  Simili considerazioni, prese fuori contesto, danno spesso luogo a un’interpretazione arbitraria. Il cosciente, il subcosciente, l'onirismo:  Hieronymus non avrebbe capito, tanto questi elementi erano intessuti nella sua personalità.  

Nel suo caso, ci troviamo davanti a un’individualità indipendente, solitaria ed egocentrica, che alimentava il proprio talento nell’immenso giacimento del suo immaginario.  Ciò che lo caratterizza è un’osservazione spassionata che lo conduce a un pessimismo di fondo,  una visuale più vicina alla realtà in cui l’uomo più del demonio diventa l’attore principale faccia al peccato.   Il Prestigiatore, l’Avaro,  la Rimozione della pietra della follia, la Nave dei folli,  il trittico della balla di fieno e persino i quadretti che orlano i tondo dei Sette peccati capitali appaiono come altrettante “scènes de genre” quotidiane, tratte da questa osservazione.  E li sta uno degli snodi dell’immaginario di Bosch. Non c’è divertimento né derisione e neppure  condanna  pedagogica e moraleggiante. Il pittore le rappresenta con distacco, quasi stesse componendo un mosaico. Ha forse il presentimento dell’implosione che sta per coinvolgere la società europea del XVI sec?

Il nostro contemporaneo, Hieronymus Bosch?  In questo senso,  sì.  L’implosione è avvenuta per noi nel secolo scorso, orribile per definizione, di cui le immagini non ci abbandoneranno mai. E’ stata rappresentata da Picasso in “Guernica”, e pure nel resto della sua arte percorsa da un terremoto iconografico che lo estrania da ogni tradizione.  Si esplicita anche nell’opera letteraria di Céline, nella rivolta linguistica, e non solo, anche umana che lo ha portato sull’orlo dell’abisso esistenziale, con una disperazione di tratto nichilista.  Altri come loro?  il Cavaraggio, Van Gogh, Malaparte, egocentrici tutti perché immersi in un universo interiore che aveva bisogno di esprimersi al di fuori dalle regole.    Intorno a loro, e da loro messo a fuoco, un mondo governato dal disordine - assai simile a quello di Bosch – dove è possibile tutto e il contrario di tutto, dove ognuno è isolato nella propria libertà e dalle proprie catene, dove nessuna spiegazione del presente, nessuna ipotesi del futuro, sta in piedi se non, in fondo, quella peggiore, data la natura umana.  Ne sono testimoni perché si collocano al margine.  Per questo,  attendibili.


giovedì 10 maggio 2012


La normalità
Era una gran bella cosa, l’unica cosa che la stra-maggioranza delle gente chiede da sempre.  Sapere dove sta con lo stipendio, le tasse, gli affetti familiari, la scolarità dei figli, il mutuo casa, il giusto periodo di vacanza.  Niente di superlativo, niente, per i più, che somigli alle fisime di successo tipo l’Isola dei famosi, oppure i lussi esibiti in modo inopportuno nelle riviste patinate e nei programmi televisivi.  Eppure, oggi  la normalità è una cosa eccezionale, inafferrabile.  L’incertezza che ne consegue è la causa dei tanti - spaventoso numero - suidici, e del successo di movimenti tipo quello di Grillo che ha cavalcato in modo sbagliato e opportunistico, ma efficace,  i problemi del Paese .  Chi è responsabile di tutto ciò è difficile da inchiodare, difficile da mandare a casa.  La gente comune non ha più alcun ricorso e questa è una vera e propria tragedia.  Ci riflettano i governanti, tecnici, politici...

domenica 22 aprile 2012












La musica

Per me la musica è come un temporale,
forte, potente, ha un fare gioviale.
E’ dolce, dà vita,
è sempre infinita.
Se sei felice, scorre dentro di te,
e nessuno, mai, saprà dire perché

20 aprile 2012

Enrico Clerico  (mio nipote di 10 anni)

martedì 17 aprile 2012

La lezione di padre Pirrone tanto per sorridere (amaro)

Scrive Enzo Papi…



Se chiediamo oggi a uno studente di storia moderna o medievale cosa pensa del “ dovere morale” che la Chiesa addossava a chi era tenuto al pagamento della “decima” , ci sentiremo rispondere, per certo, che si era davanti ad un salasso immotivato di ricchezza ai danni di poveri  contadini, espropriati del frutto del loro lavoro a beneficio di grassi abati e ricchi vescovi.  Eppure la Chiesa motivava ben altrimenti la diffusa tassazione ( sotto varie forme) a suo favore. Basta ricordare le parole del  Padre Pirrone, nel noto romanzo di Tommasi di Lampedusa, “ chi darà un piatto di minestra ai poveri se la Chiesa viene espropriata dei suoi beni ?”.
Il “Welfare State” ha assunto varie definizioni e consistenza nei secoli passati, ma ha sempre avuto un comun denominatore. I primi e più convinti sostenitori sono sempre stati gli amministratori più che i destinatari degli aiuti. Anzi, spesso, i beneficiari non si erano neanche accorti di esserlo.
Fuor di metafora e di similitudine di avvenimenti storici, il problema della giustificazione dei prelievi del Principe e delle Istituzioni a lui collegate resta un tema di grande attualità. Mai, com’è accaduto nel 20° secolo, lo Stato ha prelevato il 50% della ricchezza prodotta dai cittadini. Certo nel secolo scorso lo Stato si è presentato e giustificato come diretto rappresentante del popolo e quindi ben diverso dal Principe autoritario ed insindacabile. Tuttavia quando il partito si fa Stato, come nell’esperienza comunista, o i rappresentanti eletti “Casta”, come nelle attuali partitocrazie occidentali, anche la differenza di origine (non di fatto)  scompare ed il senso di abuso dovrebbe tornare a sollecitare l’osservatore oggettivo.
Così non è. Il “politically correct” del nostro Presidente e il vecchio senso di solidarietà nelle “decime”  del cardinal Bagnasco tuonano contro evasori immorali, ma nulla dicono della moralità dei grassi ed inutili abati dalle ben fornite  mense e dei ricchi commensali di cortigiani di sangue e di cappa.
Lo sdegno verso lo spreco di risorse prodotte a caro prezzo ed appropriate dal Principe non è questione del momento. Meglio discutere dei felloni che nascondono il raccolto ai Befera di turno.
Eppure se non si tornerà ad apprezzare chi produce e biasimare chi, senza merito, consuma, il futuro non potrà che ripercorrere le sonnolente e, talvolta drammatiche,  strade già tracciate nel passato dell’Europa.                      



  

domenica 15 aprile 2012


Splendori (iniziali) e miserie (finali?) di un governo tecnico

Com’eravamo felici all’inizio di questo governo…  Sei mesi dopo la sua formazione, siamo smarriti.  La nave si sta arenando.  Incredibile.  Riflettendoci, però, la ragione appare semplice.
Lo sguardo di Monti è stato sempre rivolto alla UE, alla Germania, all’euro, allo spread, non all’Italia vera né ai problemi concreti, (ora) acuti della gente. Le riforme proposte dal governo sono pura teoria.  Timidezza nell’affrontare la realtà brutale?  Mancanza di pragmatismo da universitari?  Boh…
1)   La UE.  Monti, come altri governanti europei, non ha mai messo in discussione la UE , la sua burocrazia asfissiante, la sua inefficienza a elaborare un organico  progetto comune, la sua incapacità a predisporre una governance politica comunitaria che rispondesse delle proprie azioni di fronte all’insieme degli europei.  Tra i paesi membri della UE, paradossalmente, è sempre prevalsa l’idea di proteggere da ogni diluizione gli stati nazionali, la loro identità, cultura, economia specifica.
2)   La Germania (molto virtuosa) è oggi la principale, per non dire unica, beneficiaria di questa visione.  Può imporre le sue condizioni agli altri stati europei, persino alla Francia. E’ l’esempio da imitare? Dice Monti che la sua riforma del lavoro ricalca quella tedesca e quindi  deve funzionare per forza.  Tralascia il fatto, appunto, che la Germania è una potenza che può permettersi una costosa riforma del lavoro, perché è molto produttiva, dotata di  tecnologie avanzate, e quindi molto competitiva.  L’Italia si trova esattamente al polo opposto: è un paese stremato che ha perso i pezzi principali della propria industria, un paese appesantito da un’enorme zavorra statalista che non si può toccare.  Infatti, Monti si è ben guardato dal toccarla, e ha fatto bene, giacché non dispone di strumenti politici per affrontare questo argomento.
3)    Più semplice occuparsi di pensioni?  Il governo l’ha fatto nel modo più pesante, spostando in avanti l’età pensionabile e riducendo il valore delle pensioni che saranno corrisposte già dal prossimo anno. Certamente non è una buona notizia per i giovani e per le imprese perché si rinvia il ricambio generazionale indispensabile, sangue nuovo per il Paese.  Una scommessa pericolosa?   Certo, ma come plasmare il futuro altrimenti?  Il ministro Fornero continua a centrare la sua attenzione su parole tanto raffinate (rigore, equità, sobrietà, sviluppo) quanto prive di significato perché non supportate da una valutazione esauriente della realtà sul campo.  Sarebbe stata opportuna qualche simulazione al ministero del Welfare: forse il governo avrebbe evitato disastrosi errori come quello che emerge oggi con gli esodati.  La colpa, secondo il governo, è degli imprenditori.
4)  Lo stesso vale per la riforma del lavoro, la quale avrà come unico risultato di accrescere il costo del lavoro, scoraggiare le assunzioni, precarie o no, e ridurre la competitività dell’Italia, con le conseguenze immaginabili sull’occupazione in tutte le sue varie forme: co-co-co, immigrati avventizi, OTD, OTI.   Il ministro Fornero ha avuto l’impudenza di dichiarare che dopo tale splendida riforma, gli imprenditori devono ricominciare a investire. Viene da pensare che il Ministro non sappia cosa sia un’impresa.
5)    Lo stesso vale per le tasse (parole, parole, parole, cantava Mina).  Lotta a tutto campo all’evasione, aumento delle tasse, creazione di nuove tasse per finanziare questo o quest’altro  provvedimento, IVA al 23%.  Ma con il sistema ridondante, deficitario e inefficiente del servizio pubblico, gli italiani rischiano di finanziare altri sprechi e altra corruzione, fintanto che qualcuno non si decide ad abbattere la spesa pubblica e a riformare l’intoccabile pubblico impiego.
Così, il rigore rischia di trasformarsi in repressione, l’equità in iniquità, lo sviluppo in recessione.  Abbiamo qualche ragione di sentirci smarriti, noi profani?  Forse è il caso di tornare alla politica? Purtroppo, quale politica?

martedì 3 aprile 2012

La riforma del lavoro e lo sviluppo dell’economia

Scrive Enzo Papi...


Dopo aver imposto un’inevitabile stangata sulla spesa pensionistica e un vigoroso incremento delle tasse, Monti sta cercando di controbilanciare gli effetti recessivi di questa pesante tosatura con qualche misura che stimoli l’economia. Ha individuato nella correzione delle norme che regolano il mercato del lavoro il campo d’intervento che meglio può convincere le imprese a scommettere sul futuro e tornare ad investire.
I problemi di competitività che vengono dal lavoro sono due: L’elevato costo totale (soprattutto per l’effetto del cuneo fiscale) e la rigidità dell’impiego, per cui una scarsa professionalità o uno scarso interesse del dipendente alla mansione non può essere corretto con la sostituzione della persona. In questi casi l’azienda può solo tentare la difficile e spesso improbabile via della nuova formazione e di una paziente opera di rimotivazione.
Le misure proposte al Parlamento da Monti prevedono un aggravio del costo dei contratti a termine e maggiori difficoltà per poter ricorrere all’impiego atipico, il cui costo per l’impresa è mitigato da minori i contributi e  minor fiscalità. Si può comprendere la volontà di contrastare il precariato, ma è difficile capire come queste misure possano essere di sostegno alla competitività delle imprese.
La legge delega proposta da Monti contiene anche una correzione all’articolo 18, introducendo la possibilità del licenziamento per motivi economici, previo pagamento di un preavviso di 18 – 27 mesi. A parte la difficoltà di dimostrare i motivi “economici” e non discriminatori (un fannullone si può licenziare per motivi economici o è discriminatorio?) il costo sarà, per molte imprese, impossibile da affrontare.
Le resistenze a queste misure sono risultate già così aspre da rendere incerto l’esito del percorso parlamentare, ma quandanche ricevessero il sigillo del parlamento, per quale motivo ci si deve attendere che abbiano un positivo effetto sul rilancio dell’economia?

lunedì 19 marzo 2012

Il tempo dell’ordine

Sì, è giunto il tempo dell’ordine, forse un po’ tardi, meglio tardi che mai, dicono.  Comincio con un esame di coscienza:  le tasse (le pago), le ricevute fiscali (le faccio), le fatture (anche).  L’archivio dell’azienda è aggiornato, tutte le comunicazioni e dichiarazioni (dogane, CCIAA, IVA, Durc) sono a posto.  I corsi di aggiornamento (anti-incendio, sicurezza, patentino,) li ho seguiti di recente.  Gli estintori sono controllati regolarmente.  Il medico aziendale comincerà le visite annuali a breve e a pagamento, è ovvio. Mi resta da fare l’update dell’archivio HACCP e 626 (che ha una sigla diversa ora perché è cambiata la legge), ma di queste cose si occupa una consulente esterna a pagamento anche lei, com’è giusto. Non mancheranno  di certo controlli stringenti da parte dell’ Agenzia delle Entrate, dell’USL, della Repressione Frodi, del funzionario di filiera della CCIAA, e di certo troveranno l’occasione di applicare giuste e ghiotte “sanzioni”.  La perfezione non è di questo mondo.  Ci provo lo stesso e continuerò a provarci, malgrado i costi elevati.  Mosca bianca?  Non credo.

Fatto l’esame di coscienza, restano le domande.   Innanzitutto:  che cosa fa il governo Monti per aiutare le aziende (private), fonte unica di ricchezza per il Paese?  La questione me la pongo in termini generali, giacché io impiego solo due OTI  e mi avvalgo di costosi terzisti per molte operazioni al fine di ovviare alle grane INPS, Inail, sicurezza.   In termini generali, dunque:
-       Niente CoCoCo se è vero che oltre una certa soglia di ore lavorative, dovranno accedere al lavoro a tempo indeterminato e usufruire del pieno, o forse maggiorato,  trattamento INPS (vale anche per gli avventizi?  Da scoprire);
-       Niente OTI o impiegati fissi, se è vero che bisognerà pagare loro due anni di stipendio per poterli licenziare, più l’indennità di disoccupazione, il tutto a carico di un fondo aziendale.  L’indolenza e l’assenteismo non  rientrano nella casistica della giusta causa e i magistrati vigilano.
-       L’IRAP invece sì,  rinata dalle ceneri prima ancora di morire.


Siamo qui:  di qui a poco non ci saranno più assunzioni di precari e neanche di lavoratori a tempo indeterminato, almeno nelle piccole e medie aziende.  Le quali rifletteranno seriamente prima di assumere chicchessia e cercheranno piuttosto di serrare i ranghi familiari. Le grandi aziende dovranno tenersi i lavoratori fino ai 67/70 anni - chissà quando scatta la pensione - gente di molta esperienza certamente, ma forse troppo stanca e poco motivata ad affrontare le sfide prossime future dell’economia mondiale. 


L’orizzonte è davvero scuro per le aziende: il lavoro è diventato un bene di lusso che ammazza la competitività.  L’orizzonte è scuro anche per i lavoratori:  con i criteri proposti dalla legge sul lavoro, la disoccupazione, (giovani, donne, cococo e altra) non può che aumentare, per buona pace dei sindacati e dei bravi tecnici al governo.  


 Qui si pone una seconda, essenziale, domanda:  è giusto che paghino le aziende (oltre che i pensionati, i  pochi farmacisti e tassisti, beninteso), quando il governo non è in grado di abbattere la spesa pubblica, ossia i privilegi e le inefficienze ormai consolidate  di quella parte (il 50%?) della popolazione che vive di pubblico?  Domande da non farsi, eticamente sbagliate, esteticamente sbagliate?  Può darsi.  Tanto, la verifica dei fatti, quella vera, si avrà molto presto. A quella non sfuggirà nessuno.


E allora bisogna ancora chiederci:  A chi fa bene questo governo che non si vuole politico, giacché Monti ha già detto di non volere entrare in politica dopo il 2013.  A chi risponde oggi, tranne che a un classe politica in disarmo e al Presidente Napolitano che non gli chiede conti e che si accontenta di una serietà tutta da dimostrare ?  Non certamente all’elettorato che ha diritto a qualche risposta, vista la situazione di disagio in cui si dibatte.


In sostanza:  dov’è lo sviluppo in tutto questo?  Dove sta la liberalizzazione?

mercoledì 7 marzo 2012

Spread

Cos’è lo spread?  Ho vissuto per sessantacinque anni senza conoscere questa parola e tantomeno il suo contenuto e adesso mi ritrovo – credo con tutto il popolo italiano – con l’incubo di quello che essa rappresenta.  Per sommi capi ce l’hanno spiegata, non molto chiaramente . Non hanno spiegato perché per tanti, tantissimi anni per noi tutti, che facciamo parte di un popolazione per lo più vecchia, non c’era lo spread e adesso c’è.  Mi piacerebbe sapere perché  d’un tratto questa cosa che non conosceva nessuno ha una importanza così capitale nella vita di noi comuni mortali, vecchi e anche giovani.  Il mega debito esiste da tempo, non mi sembra una novità.  Tutto insieme abbiamo la febbre a quaranta?  La polmonite, l’encefalite perniciosa?  Perché’? Cosa rappresenta  di preciso questo benedetto spread:  quale peccato originale o capitale che deve scontare la gens italica?  Commesso da chi,  precisamente?

Lucio Dalla

Era gay, Lucio Dalla?  E allora? In questo mondo giulivo, festivo fino allo spasimo, dove tutto è possibile, anche l’Isola dei famosi e il Grande Fratello, quale è il problema? 
La cosa più illiberale che si possa immaginare è l’inquisizione degli affetti personali.  Che viene poi, in questo caso da quel settore della società – nella fattispecie la sinistra nella persona della signora Lucia Annunziata – che fa sempre lezione di politicamente corretto.  Basta! Basta ipocrisia, basta sepolcri imbiancanti, come gli chiama la Bibbia.  Ci vuole un po’ di discrezione, almeno nella sfera privata, media permettendo.

domenica 19 febbraio 2012

Sono triste

Sono triste per il popolo greco che sta pagando un prezzo davvero incredibile per aver tollerato troppo a lungo gli errori (dolosi o colposi) e le cattive abitudini della sua classe dirigente.  Ma non solo: sta anche pagando in modo vistoso il marziale decisionismo tedesco che governa la UE.  Non cattive abitudini doveva scontare la Germania alla fine dell’ultima guerra, ma la tragedia immane da lei provocata, la peggiore dell’intera storia.  Eppure ha usufruito dell’aiuto dei suoi nemici, grazie al quale ha potuto rialzarsi dalle rovine e ripartire da capo. Oggi la Germania nega alla Grecia, e  presto anche agli altri,  cioè ai suoi partner, la stessa solidarietà. Però di questo non si deve parlare, troppo di cattivo gusto. 

Lo confesso, non ho mai amato la Ue.  L’ho sempre considerata un grande puzzle eternamente incompiuto,  in qualsivoglia campo; un’accozzaglia di leggi basate su principi grandi in teoria, impraticabili in sostanza perché  rigidi fino all’impossibile. L’Eurozona è punteggiata di divieti e di moduli da riempire. Per i comuni mortali che ci vivono e ci lavorano è diventata asfissiante.  I più forti vi sono privilegiati:  i paesi più ricchi, gli individui più ricchi.  La Ue serve a loro.  Ieri ha agevolato la riunificazione delle due Germanie, oggi la Germania unificata,  la sua economia di grande produttività, i suoi banchieri e la sua super moneta che non si chiama più marco ma euro. La Ue non è in grado di concedere alcunché agli altri membri che, per un motivo o un altro, sono in difficoltà, non ne ha gli strumenti politici.  La Germania finora non ha voluto fare sconti ai suoi partner in difficoltà.  Eppure quando essi naufragheranno, naufragherà anche l’Europa, cioè il mercato privilegiato dell’economia tedesca.  Se salta l’euro, tutti i prestiti concessi dalle banche tedesche torneranno in dracme, in lire, in pesetas.  Aiutoooo.  La cancelleria Merkel comincia ad accorgersene, forse troppo tardi, e accetterebbe ora di dare un prestito ai greci, purché una buona fetta vada a ripagare le banche tedesche.  Prima loro, poi se resta qualcosa…

 La domanda che ci riguarda:  conviene all’Italia, la Grecia, la Spagna… restare nell’euro? Succederà il caos se ne escono, ma dal caos può riemergere la creatività di questi paesi, in particolare dell’Italia, semplicemente perché ci sarà maggiore libertà, condizione assoluta per il rilancio. Quale è il destino che ci attende restando nell’euro tedesco? Qualcuno lo deve chiarire. Si dà per scontato che sia la scelta migliore. Forse è vero, ma nessuno ci spiega che le certezze già evidenti di nuove tasse, la disoccupazione, la recessione, gli stipendi che calano, i mutui che sono diventati un miraggio, sono migliori del ritorno alla lira, con le sue svalutazioni, ed inflazione, ma che ha accompagnato l’Italia nel periodo di maggior sviluppo della sua storia moderna.

martedì 31 gennaio 2012

un vento gelido

Un vento gelido spazza l’Italia.  Stamattina, 31 gennaio,  andando al lavoro ascoltavo Rai 24 intorno alle 8.45.  L’argomento della trasmissione era l’evasione fiscale, particolarmente attuale dopo il blitz a Milano di sabato sera.  Tra gli ospiti vi era un ex-procuratore che, in tutta serenità,  avanzava la proposta di un ruolo della “vergogna” dove iscrivere gli evasori di Milano e dintorni.
Lungi da tutti, è vero, il garantismo dell’era Berlusconi, contaminato dagli interessi specifici di costui.  Però stamane, ascoltando quell’ex-procuratore (di cui non ricordo il nome perché lo devo aver rimosso) forte era l’impressione che stesse tirando ancora una  volta aria d’inquisizione la quale, da sempre, è  madre della calunnia, della delazione e, ai tempi nostri, delle intercettazioni a tappeto e della gogna mediatica.  Tutte cose che colpiscono un po’ di colpevoli e molti innocenti, segno che la presunzione d’innocenza è diventata un optional.   Encomiabile solo perché in nome dell’etica fiscale?  Ho qualche dubbio.
Ai tempi di George Bush e delle misure da lui decise in seguito a 9/11 nell’ambito della Homeland Security, le libertà individuali e le libertà costituzionali subirono forti, forse durature lesioni in nome dell’impellente lotta la terrorismo.   Il sentimento diffuso, in America e altrove, era che  fosse gravemente danneggiato il supremo principio di  legalità e che stesse scomparendo la pregevole cultura del habeas corpus che, nel bene e nel male, aveva governato il Paese fino ad allora.  Abu Ghraib, Guantanamo, e altre brutturie ne erano la prova palese.  Difficili da dimenticare e anche da cancellare.  Certe ferite non risarciscono mai.
Le proporzioni tra i due fenomeni sopra descritti non sono le stesse, ovviamente,  ma i meccanismi sono gli stessi, le conseguenze pure. Forse ce ne accorgiamo meno degli americani, perché non vi è mai stata un’abitudine al liberalismo  nella cultura italiana.  Più comodo, più conveniente, più facile da seguire, il sanfedismo,  religioso, tribale, ideologico del proprio tempo.  Alle brutte abitudini di sempre se ne stanno aggiungendo di nuove, ancora più insidiose, perché ammantate da una nuova etica ancora più politicamente corretta e quindi ancora più pericolosa perché ottenebra e finisce di violentare la capacità critica individuale.  Annullandola.