E’ facile perdere l’interesse in questo momento. Con i media scatenati, non c’è modo di riflettere su niente. Su ogni argomento è già stato detto tutto e il contrario di tutto. Tranne forse l’essenziale.
Libia: tribù sì, tribù no. Laici contro Al Qaeda, libertari contro tirannia. Italia incapace di fare fronte, Italia guerrafondaia…L’unica cosa che non si è detto è che questa, più di ogni altra negli ultimi dieci anni, è una guerra coloniale a tutti gli effetti, in cui la posta in gioco è il petrolio. Potevano la Francia, la Gran Bretagna o gli Stati Uniti lasciare che l’Italia, anello debole di ogni catena, mantenesse i privilegi acquisiti o che la Cina e l’India entrassero in lizza? La UE inesistente, la Nato travolta in questa guerra, gli insorti buoni e/o cattivi disfatti in partenza. Alla fine il villano Berlusconi, a baciare la mano a Ghedaffi e a pagargli i danni del colonialismo per salvare l’industria italiana, è stato più coraggioso e trasparente. Quest’altri dovranno anche loro baciare la mano a Ghedaffi e scendere a patti con lui che sarà vincente di sicuro e resterà al suo posto dopo una guerra cruenta, in barba ai buoni sentimenti e alle buone intenzioni dell’ONU, della UE, della Nato, della Francia. Vincerà per l’unica ragione che un quarto della popolazione libica serve nel suo esercito e nella sua polizia. Ha ragione il bravo Ferrara: non esiste la guerra umanitaria, esiste solo la guerra, e questa scenderà a terra dal cielo e si prolungherà oltre ogni previsione, soffocando ogni aspirazione democratica se mai c’è stata. Di sicuro il Ra’is sceglierà con cura a chi vendere il suo petrolio e temo che non sarà l’Italia, costretta ad aderire suo malgrado alla coalizione bombardante. Becca e bastonata.
Immigrazione: Italia incapace di accoglienza, Italia in dovere di accogliere perché è la frontiera sud dell’Europa. La cosa da ricordare è che, di nuovo, l’Italia è l’anello più debole di tutte le catene, quindi le si può imporre l’onore umanitario e l’onere politico e finanziario dell’immigrazione, pur contro la volontà della maggioranza della sua popolazione. La Francia ritiene di non doverli assumere, pure la Germania, e l’Inghilterra resta trincerata nella sua isola, ormai è chiaro. Piovono critiche sull’Italia. Nessuna dice che la UE non ha una politica comune rispetto a questo problema, ha solo un mosaico mal confezionato di norme che non sono niente più che buone intenzioni mai realizzate nel concreto. Nessuno dice che l’ONU, la quale mantiene colossali burocrazie, se ne infischia, non vuole mettersi contro nessuno, soprattutto non il Terzo Mondo. Però, a rischio non è solo l’Italia, è il trattato di Schengen e la UE, carta straccia il primo, tessuto ormai laceratissimo la seconda. Le buone intenzioni, in mancanza di una seria e pragmatica politica comune, non possono che cozzare contro gli interessi puntuali di ogni nazione, come dimostra il buon Sarko il quale, attento alle istanze della sua grande industria, non ha esitato un attimo a bombardare la Libia per primo, senza guardarci più da vicino, senza aspettare nessuno. Ha risposto semplicemente al richiamo della foresta e non sarà l'ultimo. Ma forse le cose vanno come dovevano. L’Europa è stata sin dall’inizio un territorio inventato e, grazie alla sua ricchezza, è sopravvissuta fin troppo a lungo. Ora è giunta al dessert.
Morte di Arrigoni: martire, pacifista, operatore umanitario, amico di Gaza, nemico d’Israele. L’unica cosa che non si dice è che Arrigoni si è infilato nella gabbia di leoni affamati, pensando di ammansirli corteggiandoli. Erano i suoi amici, Hamas e il suo corredo di salafiti, e lui credeva ciecamente nell'amicizia, loro molto meno. Arrigoni ha pagato per ingenuità e forse per ignoranza di una cultura, poveraccio, ed è morto convinto che la colpa fosse d’Israele. Se Israele non esistesse, insomma, queste cose non potrebbero succedere. Peccato che nella sua mansuetudine, Arrigoni non abbia capito che non bisogna mai contribuire a mettere le parti l'una contro l'altra.
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