Si, è giusto che gli italiani perdano le cattive abitudini di sempre, accumulate in decenni, di non rispetto delle regole e delle leggi. E’ giusto che imparino il rigore in materia fiscale, commerciale, industriale e quant’altro. E’ giusto che nessuno di noi si chiami fuori dalle proprie responsabilità verso la comunità a cui appartiene. Ma questo, l’ho sempre pensato, deve rilevare dalla responsabilità personale e individuale. La responsabilità personale e individuale non può essere insegnata con metodi inquisitori generalizzati e, per questo, non discriminanti. Ritorniamo sempre al Santo Uffizio. I metodi inquisitori non cambiano una cultura di disattenzione per un motivo semplice: incoraggiano la trasgressione e, a volere trasgredire, si trova sempre il modo (vedi la mafia, piuttosto che la Camorra e la n’dranghenta). Ci vogliono invece dei metodi di vigilanza accurata e continua. E quindi “normali” nella vita del cittadino, severi, sì, ma senza il ricorso al sospetto e alla minaccia. Deve esserci da parte del fisco, come della giustizia, una (vera e fattiva) presunzione d’innocenza fino a prova contraria. Non si deve partire dalla presunzione di mala fede per principio, se si vuole che i cittadini imparino il rispetto dei regolamenti e delle leggi. Tutti noi commettiamo errori nella gestione dei nostri affari privati o professionali, ma bisogna dare a questi errori il giusto peso. Ci sono peccati veniali e peccati capitali (mafia, camorra e n’drangheta), per gli uni basta uno sculaccione, per altri ci vogliono misure oggettivamente più stringenti. I cittadini devono aver modo di correggere i propri errori, di pagare multe giuste, senza sentirsi evasori incalliti, commercianti o artigiani o imprenditori disonesti da mettere definitivamente al bando, o perennemente sotto il microscopio del fisco. Nessuno contesta l’utilità dell’IRS in America e in Inghilterra, la correttezza fiscale è considerata un dovere. Ma, in Italia, fino adesso, non è stato così, anche perché il fisco, sotto i suoi profili operativi, è stato spesso arbitrario e spesso ha commesso errori di cui il cittadino ha dovuto subire l’onere della prova e di multe esorbitanti rispetto al l’oggetto.
Rigore, sì, da parte del governo Monti, ma nel rispetto di un minimo di libertà individuali. Frugare fino allo spasimo nei conti correnti della gente viene universalmente percepito come una azione repressiva, porre dei limiti impossibili nel ritiro dei contanti (non oltre mille euro), un arbitrio. Imporre ai vecchietti di aprire un conto corrente (con annesse e connesse commissioni e spese) dove versare la pensione è assurdo. Molti di loro, specialmente quelli senza familiari in grado di aiutarli, non sanno come fare a gestire una situazione del genere. Per loro, il bancomat è un oggetto misterioso di cui non impareranno mai l’uso. In banca potranno recarsi solo se le loro condizioni fisiche lo consentono, e se no?
Altra situazione: in questi giorno, dovevo pagare gli stipendi dei miei dipendenti tra i quali un giovane ucraino, regolarmente assunto, che mi ha chiesto i contanti per alcuni pagamenti urgenti da fare in famiglia. Il suo salario era superiore a mille euro e non ho potuto ritirare i contanti. Il ragazzo ha dovuto versare un mio assegno in banca con valuta di 4 giorni, il che gli ha recato un serio disagio. Allo stesso modo, molti degli avventizi extra comunitari che impiego con regolare assunzione per alcune operazioni in campagna, non hanno un conto in banca e li ho sempre pagati con i contanti. Ora non potrò più farlo e quindi dovrò rinunciare ad assumerli. Me ne rammarico, con alcuni di loro ho lavorato per anni in modo molto positivo. Situazioni reali, queste.
Il rigore cieco e inflessibile può produrre risultati di questo genere, di cui nessuno ha tenuto conto. Oltretutto contravviene alla già disastrata legge sulla Privacy. Tanto vale abolirla a questo punto. Non serve proprio, non protegge nessuno. Capiamo tutti che il momento è catastrofico, ma non lo rendiamo ancora peggiore.
Nessun commento:
Posta un commento