Mi sento come Alice, stupefatta da ciò che vedo e da ciò che sento in questi giorni di approvazione del decreto governativo sulla manovra economica. Buono o cattivo che sia, lo sforzo di affrontare la situazione e di non schivare l’impopolarità c’è e forse qualcosa di più. A sentirsi parte in causa nel risanamento del Paese c’è solo una metà del Paese, quella che lavora senza tante storie, quella che produce ricchezza per davvero, per quanto ci riesca nella congiuntura attuale e che, tuttavia, deve sempre rendere contro a qualcuno. Dall’altra parte ci stanno le corporazioni, molto potenti. Che cosa sono le corporazioni? Cerchiamo di darne una definizione: un insieme di tribù, con le loro logiche ferree, i loro interessi ferrei, l’incapacità di uscirne e di affrontare il nuovo che è rischio per eccellenza. Sono tanti ad appartenervi, collocandosi in vaste aree privilegiate e garantite: Regioni, comuni, USL, sindacati, la scuola, l’Alitalia, le Ferrovie, i trasporti pubblici e, in generale, l’impiego pubblico, le numerose cooperative e i consulenti che vi sono collegati e non dimentichiamo la magistratura che oggi minaccia lo sciopero, uno scandalo (come se lo minacciasse il Presidente Napolitano, altro caposaldo istituzionale, peraltro presidente del CSM) e non dimentichiamo neppure i giornali, ampiamente foraggiati dallo Stato. Sono seduti su una montagna di certezze che non vogliono vedere minacciate a nessun costo. Non sono disposti a cedere una briciola al bene comune. Prevalgono gli interessi particolari contro l’interesse generale, senza una vera giustificazione. I membri di queste tribù non contribuiscono in particolar modo alla ricchezza e neanche al servizio della nazione, sono troppo occupati nelle loro beghe personali e tribali. La loro unicità sta nel fatto di essere tanti e protetti per diritto, dal momento che costituiscono il grande vivaio elettorale del mondo della politica.
Dove sta la solidarietà e l’equità a cui si richiama la CGIL? Non è più il Paese di Bengodi, questo. Il tappetto è troppo striminzito. Tira e tira, qualcuno resta scoperto e sono sempre gli stessi.
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