Nel 415 dopo Cristo, il vescovo Cirillo fece squartare Ipazia, filosofa, astronoma e matematica, perché si rifiutava di aderire al cristianesimo. Diventò santo per aver soggiogato il popolo alessandrino, portandolo nel grembo della Chiesa. Sin da allora e giù per i secoli, l’inquisizione è diventata uno strumento di potere ineguagliabile. Con la rivoluzione francese, perse il suo carattere religioso, diventò laica. Ma sempre inquisizione era, nelle caratteristiche e modalità. Dotata di formidabili tribunali che Adriano Prosperi giustamente chiama “tribunali della coscienza”. In entrambi i casi, il cristiano e il laico, l’obbiettivo era tutelare il potere, limitando il libero pensiero e la libera espressione, la libertà insomma, in nome di un ferreo moralismo derivante dal concetto che Bernard Henri-Lévi definisce “il Bene assoluto”.
A questo punto, mi approprio della giusta distinzione di Angelino Alfano tra moralismo e moralità. Sono esclusivi l’uno dell’altra. Il moralismo può fare a meno della moralità, e ciò accade spesso. La moralità deve fare a meno del moralismo. Il primo giustifica e legittima il potere, la seconda governa le azioni dell’individuo nella sua veste privata e pubblica, e assicura la sociabilità pacifica. All’individuo, il Vangelo, testo di straordinario pragmatismo, suggerisce di “dare a Cesare ciò che è di Cesare”, riconoscendo la difficoltà dei singoli di far fronte senza compromessi al mondo imperfetto in cui vivono. Ai moralisti, assesta il colpo del “chi non ha mai peccato scagli la prima pietra”.
I moralisti di ogni risma e di ogni tempo, cristiani, mussulmani, laici e quant’altro, hanno dimostrato un pragmatismo molto più brutale. Qualche esempio:
Arnaud Amaury, abate cistercense e legato pontificio contro gli eretici di Linguadoca, all’indomani della presa di Béziers nel 1209, lanciò la famosa frase “Uccideteli tutti. Dio riconoscerà i suoi.” Non ci fu bisogno di tribunali. Vennero dopo e molto ben congegnati allo scopo, anche se oggi vige una revisione al “ribasso” dei morti ammazzati dall’Inquisizione. Difficile cancellarli, tuttavia, pochi o tanti che siano, com’è difficile condonare l’abiura e l’esilio forzati, dei catari, valdesi, ebrei, di Francia, Spagna e Portogallo. Più tardi la persecuzione dei riformati. Noël Beda, Mathieu Ory, la Sorbona dei dottori, grandi inquisitori. Il massacro della San Bartolomeo. Non ci fu processo o tribunale in quel caso.
Della Rivoluzione francese sappiamo quel che sappiamo: il tribunale di Salute Pubblica, la ghigliottina sempre occupata, morti innumerevoli. Fu così violenta, la Rivoluzione, da divorare se stessa.
Lenin: “fucilatela”, a proposito di una vecchietta che lo importunava. Era nei primi tempi. Dopo diventò un saggio amministratore, istituì i nuovi tribunali rivoluzionari e le corti popolari informati alla “coscienza legale socialista”, la Commissione straordinaria per combattere la contro-rivoluzione. E poi, la Ceka…
Hitler, dal canto suo, di fronte a milioni di nemici in patria – ebrei, zingari, froci - non aveva modo di istituire tribunali e scelse metodi più spicci: i campi di sterminio. Lo imitò con grande successo Stalin con il trasferimento di 5 milioni di Kulaki nei campi di lavoro dove morirono, i gulag, la grande Purga. Lì, è vero, i tribunali c’erano, i risultati anche.
Khomeiny: “Processi? Sono colpevoli tutti. Questa generazione deve scomparire insieme a tutta la sua discendenza.” All’inizio, ce ne furono di processi, per la vetrina. Quello di mio padre durò 7 minuti, seguito a poche ore di distanza dalla fucilazione. Come mio padre altri, molti altri, oltre i kurdi, i turcomanni, dire 10000 forse è poco, e milioni di esuli.
Di esempi così la Storia è piena, giù giù fino a Tangentopoli, con i suoi miasmi è vero, ma anche con la lucida e feroce determinazione di magistrati: “Rivolteremo l’Italia come un calzino. Li metteremo dentro tutti e butteremo via le chiavi.” Si trattava, sì, di ripulire l’Italia ed era un bene, ma poi si è visto che si trattava anche di consolidare il potere nascente della magistratura. Come da copione.
In Europa, oggi, non esiste più la pena di morte, vivaddio. Il Bene Assoluto è stato sostituito da un più gentile, ma altrettanto tirannico perbenismo, che gli americani chiamano il “politically correct”. La cultura vigente impone un’accondiscendenza, un conformismo che imbavaglia i singoli, toglie loro il diritto di usare la propria testa, pena l’esclusione dalla comunità grande e piccola. La platea mediatica poi aiuta, serve da arena di addormentamento e di repressione di qualsivoglia dissenso. Come si fa a dissentire da Annozero? Non si può… Serve anche, la platea mediatica, come anteprima dei processi giudiziari. Non c’è da stupirsi che stia scomparendo la presunzione d’innocenza. Un caposaldo del diritto, praticato oggi dai più coraggiosi, e ce ne sono grazie a Dio, ma sempre più clandestini.
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