Ho un grande affetto per il Presidente Napolitano e un grande rispetto per il suo senso di misura.
Condivido la sua idea che bisogna “raggiungere un corretto e costruttivo confronto”, cioè “uscire dalla spirale insostenibile di contrapposizioni” che oggi caratterizza la politica in questo Paese. Bisogna, in poche parole, usare la ragione. In poche parole, ma nei fatti è quasi impossibile ai giorni nostri, per la politica, per i media, per la giustizia. La rissa è più semplice e appagante, proprio il medioevo, guelfi contro i ghibellini, guelfi bianchi contro guelfi neri, e non solo i Italia, ma anche in Egitto, tra Occidente e Oriente, tra cristiani e mussulmani, tra palestinesi e israeliani ecc. ecc. ecc. Bisognerebbe saper coltivare il compromesso, grande cosa, nell’interesse di tutti. Guai! L’identità di ciascuno ne soffrirebbe in modo irreversibile. Vuoi mettere?
Quanto al “medioevo burocratico” di cui parla il Presidente, c’è da eccepire. Una soffocante burocrazia come quella dei tempi nostri la storia non l’ha conosciuta mai. C’erano le corporazioni anche prima, potentissime, mai inamovibili e privilegiate, mai così impunibili come quelle che conosciamo oggi: politiche, ideologiche, culturali, mediatiche, giudiziarie, comunitarie, e chi più ne ha più ne metta. E per ciascuna di esse, guardare i fatti in faccia fuori dall’orticello suo, una cosa impossibile. Le chiacchiere sono tante, tutte improntate al perbenismo che impone il conformismo globale e i talk show televisivi, la nostra nemesi. La verità o meglio la realtà viene schiacciata sotto il tallone di questi interessi. Al Paese non c’è bisogno di pensare. Rallegriamoci, è l’unica libertà che ci resta, finché non saremo tutti clonati a dovere.
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