Ci prepariamo al grande
salto nel caos politico, avendo già fatto quello nella recessione – no, nella
depressione – economica.
Strana Italia: senza papa, senza presidente o
quasi, senza un quadro politico
riconoscibile, senza soldi, senza lavoro, senza commercio, fra poco senza
industria. Questa volta, gli
italiani, malgrado tutta la loro creatività, non ce la faranno. Ci vorrebbe un’inventiva fuori dal
comune.
Elezioni: per chi votare?
Per il PD che non è mai
stato così potenzialmente debole,
a furia di contraddizioni?
Come farà a governare in alleanza con il poeta Vendola, o insieme a
Monti? E soprattutto senza mettere
da parte definitivamente il passato comunista, i suoi richiami alla “questione
morale” contraddetti ieri e oggi dai fatti, il suo attaccamento viscerale a sindacati
che navigano nel buio e hanno largamente contribuito ad affondare il mercato
del lavoro.
Per Monti? Il Monti dei primi tempi non esiste
più. Grazie a Mr. Axelrod, ha
lasciato da parte la pacatezza e l’equilibrio che lo avevano reso simpatico e forse utile al Paese. Si è buttato nella mischia politica e
mediatica con un fervore incredibile, perdendo i pezzi per strada. Oggi è un politico come qualsiasi
altro. O peggio degli altri,
giacché è riuscito per un anno a fare sanguinare gli italiani, a far perdere
loro ogni speranza. E’ anche
appesantito dall’essere l’uomo della UE.
Non lo possono dire, ma
molti pensano che la UE, così com’è congegnata, è solo una disgrazia. Essere l’uomo della UE non è un punto
a favore di Monti.
Per Casini e Fini? Non contano nulla, cercano solo di
restare in gioco in qualche modo.
Per il PDL? Berlusconi è tornato più spavaldo di
prima, grande combattente che non ha mai, e neanche oggi, temuto il ridicolo. Non si è ben capito in passato se,
malgrado ciò, sia riuscito a combinare qualcosa in fatto di riforme e di
risanamento. Il suo liberalismo in
versione populista altro non è stato che un “laissez faire” senza regole.
Per Grillo? Ahi! Ahi! Buffo, gigionesco, ma autoritario. Lo ribadisco.
Che sia un autoritarismo di
stampo fascista o comunista, poco importa. La sua filosofia della distruzione totale, da tsunami o da
bomba atomica, non è programma politico.
Non è altro che un grido di onnipotenza, pericoloso di per sé.
Per Oscar Giannino? L’unico liberale vero, seppure
imperfetto, in questo scenario. Ma
il suo movimento rappresenta solo il rifugio dei pochi liberali che vivono in questo
Paese, senza avere una vera patria.
E’ allora? Aspettiamo il 25 febbraio. Senza molta speranza.
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