Stasera su Arte ho visto un programma su Hollywood e la
Shoah. Ho tralasciato tutti i commenti vanesi e ho guardato solo le
immagini. Un colpo al cuore, per
quanto conosciute da quando ho una memoria per ricordare. Sono nata nel ’46, non
durante la guerra, ma nella mia infanzia, dai sei-sette anni, sentivo le
conversazioni in famiglia sulle persecuzioni naziste degli ebrei. Mio padre ci perdeva il sonno, anni e
anni, dopo e quando mia madre gli chiedeva “perché non dormi”, lui rispondeva “
Tu non sai gli orrori che mi passano nel cervello.” A Cambridge, negli anni Sessanta, sono andata a vedere al
cinema, le riprese naziste dei campi di concentramento. E’ venuto mio padre a trovarmi e glielo
raccontato, dicendo “ma come hanno
fatto a filmare gli orrori che commettevano?” Lui mi ha risposto “Perché erano fieri di ciò che facevano.”
Ho capito quali erano le immagini
che lo tenevano sveglio e, di lì, è nata la mia intolleranza verso
l’intolleranza.
Oggi, con l’Isis, siamo alle solite, per quanto le immagini
delle decapitazioni vengano oscurate dalle TV. Ci perdo il sonno anch’io, ma non mi chiedo più perché
stanno a filmarle. La lezione l’ho imparata molto tempo fa. Perché sono fieri di ciò che
fanno. Per motivi ideologici o
religiosi, che cosa cambia? Gli orrori sono orrori.