Pierluigi Battista ci concede una puntuale e, direi, amara riflessione sulla qualità degli intellettuali italiani del nostro tempo, intellettuali che dovrebbero avere il preciso compito di sentinelle, non del ben pensare, ma del pensare bene, altra cosa. Non è così in Italia.
Giorni fa, un mio giovane amico mi raccontò una storia tratta direttamente dalla sua esperienza. Nel suo tempo libero si occupa della manutenzione di un castello storico ancora occupato dall’antica famiglia d’origine. Un giorno, in sua presenza, arrivò una visitatrice con un libro che presentò al proprietario dicendo: “mio marito era un partigiano nell’ultima guerra e quando venne a fare un sopralluogo qui, si portò via questo libro dalla sua biblioteca. Ormai è morto e ci tengo a ridarglielo." Il proprietario la guardò appena e pose il libro da parte con disprezzo. Il mio amico ci rimase molto male, giacché l’offerta della donna era in buona fede. Ma poi venne a conoscere le circostanze di quel “sopralluogo”: il padre del proprietario era stato barbaramente ucciso in quell’occasione e il ricordo della sua morte era ancora vivo nella memoria della famiglia. Il mio giovane amico mi disse: “ho imparato qualcosa. A vedere i fatti.”
Vedere i fatti, nudi e crudi, senza paraocchi. Per raggiungere un giudizio equilibrato su eventi e uomini, bisogna cercare di conoscere i fatti oggettivi. Questa è la condizione vera di una vera tolleranza. Può comportare anche uno sforzo di contestualizzazione non necessariamente relativistico, quasi sempre necessario. Ci sono dei casi in cui i fatti parlano da soli, il nazismo, il comunismo ecc… Ma in tanti altri casi si può e si deve scavare fino ad arrivare a ciò che è realmente accaduto. Altrimenti, in modo superficiale, si divide il mondo in buoni e in cattivi per definizione, cosa inaccettabile e finora impraticabile sul piano storico, politico e umano. Craxi insegna. Del Turco, Leone, e tanti altri pure.
Pierluigi Battista nota negli intellettuali la presunzione di conoscere i fatti solo perché sono intellettuali. Pasolini che dice: “Io non ho prove, ma so perché sono un intellettuale." Indolenza, vanità, opportunismo, ambizione, queste sono le componenti che Battista, forse senza volerlo, rileva nel descrivere il conformismo degli intellettuali. Di destra o di sinistra, non importa. Non si sporcano mai le mani alla ricerca dei fatti, anche perché i fatti possono contraddire e distruggere i loro castelli ideologici. Guai! Godono di impunità: non rispondono di nessuna loro azione, non hanno mai riconosciuto che le parole possono diventare pugnali e fare molte vittime. E non solo le parole, ma anche il silenzio, se è una scelta di voluta indifferenza.
Abbiamo bisogno d’altro. O forse, semplicemente, non abbiamo bisogno di intellettuali che esercitano la censura senza investitura alcuna. Meglio le persone che riflettono senza farne un mestiere.
Nessun commento:
Posta un commento