Scrive Enzo Papi…
Se chiediamo oggi a uno studente di
storia moderna o medievale cosa pensa del “ dovere morale” che la Chiesa
addossava a chi era tenuto al pagamento della “decima” , ci sentiremo
rispondere, per certo, che si era davanti ad un salasso immotivato di ricchezza
ai danni di poveri contadini,
espropriati del frutto del loro lavoro a beneficio di grassi abati e ricchi
vescovi. Eppure la Chiesa motivava ben
altrimenti la diffusa tassazione ( sotto varie forme) a suo favore. Basta
ricordare le parole del Padre Pirrone,
nel noto romanzo di Tommasi di Lampedusa, “ chi
darà un piatto di minestra ai poveri se la Chiesa viene espropriata dei suoi
beni ?”.
Il “Welfare State” ha assunto varie
definizioni e consistenza nei secoli passati, ma ha sempre avuto un comun
denominatore. I primi e più convinti sostenitori sono sempre stati gli
amministratori più che i destinatari degli aiuti. Anzi, spesso, i beneficiari
non si erano neanche accorti di esserlo.
Fuor di metafora e di similitudine di
avvenimenti storici, il problema della giustificazione dei prelievi del
Principe e delle Istituzioni a lui collegate resta un tema di grande attualità.
Mai, com’è accaduto nel 20° secolo, lo Stato ha prelevato il 50% della
ricchezza prodotta dai cittadini. Certo nel secolo scorso lo Stato si è
presentato e giustificato come diretto rappresentante del popolo e quindi ben
diverso dal Principe autoritario ed insindacabile. Tuttavia quando il partito
si fa Stato, come nell’esperienza comunista, o i rappresentanti eletti “Casta”,
come nelle attuali partitocrazie occidentali, anche la differenza di origine (non
di fatto) scompare ed il senso di abuso
dovrebbe tornare a sollecitare l’osservatore oggettivo.
Così non è. Il “politically correct”
del nostro Presidente e il vecchio senso di solidarietà nelle “decime” del cardinal Bagnasco tuonano contro evasori
immorali, ma nulla dicono della moralità dei grassi ed inutili abati dalle ben
fornite mense e dei ricchi commensali di
cortigiani di sangue e di cappa.
Lo sdegno verso lo spreco di risorse
prodotte a caro prezzo ed appropriate dal Principe non è questione del momento.
Meglio discutere dei felloni che nascondono il raccolto ai Befera di turno.
Eppure se non si tornerà ad apprezzare
chi produce e biasimare chi, senza merito, consuma, il futuro non potrà che
ripercorrere le sonnolente e, talvolta drammatiche, strade già tracciate nel passato dell’Europa.
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