Mio figlio, quando era piccolino, alla notizia della morte di Khomeini, mi disse "mamma, adesso quando lui arriverà lassù, chiederà dove Allah, dove Allah?
Non so se c'è Allah, non so se questi dell'ISIS lo troveranno lassù quando toccherà a loro morire. Non so se, sempre che ci fosse, Allah festeggerà questi suoi adepti, dediti al massacro. Spero invece, sempre che ci sia, che li punisca nella misura dei loro peccati. Chissà?
l'albero di apamate
il blog di amineh pakravan
venerdì 20 marzo 2015
lunedì 9 marzo 2015
Anche le civiltà devono morire?
Non si accaniscono solo
contro gli individui in carne e ossa, quelli dell'SIS, ma anche contro i
reperti di una delle più antiche civiltà al mondo, quella della Mesopotamia,
che non appartiene solo a quelle regioni, ma a tutti noi, mussulmani e non
. C’è da chiedersi quali siano le
loro motivazione. Perché non se la
prendono con gli splendidi siti islamici che abbondano in quelle regioni? E’,
dunque, un partito preso contro
tutto ciò che non è islamico? E
perché i vertici della religione mussulmana non si ribellano né alle stragi di
migliaia di esseri umani inermi, né a questo ultimo scempio? Perché non alzano una voce forte e dura
contro questi selvaggi senza cuore e senza passato, che dovrebbero
rappresentare solo se stessi? Perché non usano lo strumento potentissimo della
Fatwa che è servito loro in occasioni assai meno rilevanti. Quale è il loro metro di giudizio? Che altro ci vuole perché si decidano a
condannare questi atti? Così come stanno le cose, il silenzio colpevole delle
gerarchie religiose islamiche di tutto il mondo è un atto di connivenza che sancisce
le azioni dell’ISIS. Sancisce
questa ossessione della morte e della distruzione e convince il resto del mondo
che l’islam è questo, solo questo.
E che non solo l’ISIS, ma l’Islam tutto va combattuto.
Si va quindi di male in
peggio.
martedì 27 gennaio 2015
I nazisti e l'Isis
Stasera su Arte ho visto un programma su Hollywood e la
Shoah. Ho tralasciato tutti i commenti vanesi e ho guardato solo le
immagini. Un colpo al cuore, per
quanto conosciute da quando ho una memoria per ricordare. Sono nata nel ’46, non
durante la guerra, ma nella mia infanzia, dai sei-sette anni, sentivo le
conversazioni in famiglia sulle persecuzioni naziste degli ebrei. Mio padre ci perdeva il sonno, anni e
anni, dopo e quando mia madre gli chiedeva “perché non dormi”, lui rispondeva “
Tu non sai gli orrori che mi passano nel cervello.” A Cambridge, negli anni Sessanta, sono andata a vedere al
cinema, le riprese naziste dei campi di concentramento. E’ venuto mio padre a trovarmi e glielo
raccontato, dicendo “ma come hanno
fatto a filmare gli orrori che commettevano?” Lui mi ha risposto “Perché erano fieri di ciò che facevano.”
Ho capito quali erano le immagini
che lo tenevano sveglio e, di lì, è nata la mia intolleranza verso
l’intolleranza.
Oggi, con l’Isis, siamo alle solite, per quanto le immagini
delle decapitazioni vengano oscurate dalle TV. Ci perdo il sonno anch’io, ma non mi chiedo più perché
stanno a filmarle. La lezione l’ho imparata molto tempo fa. Perché sono fieri di ciò che
fanno. Per motivi ideologici o
religiosi, che cosa cambia? Gli orrori sono orrori.
sabato 17 gennaio 2015
Il ministro in difficoltà
Il ministro degli affari
esteri dà l’idea di una persona troppo seria per navigare con
disinvoltura. Appare gravemente a
disagio nel rispondere alle domande sul riscatto versato a ISIS per la
liberazione delle due ragazze italiane, durante il programma della Gruber. Cerca le parole con cura sofferta per
non rivelare nulla di ciò che sa, e cade palesemente nell’ambiguità.
“Abbiamo fatto ciò che tutti
i governi hanno fatto in passato”.
Che vuol dire?
Può voler dire una cosa e il
suo contrario. La prima
ipotesi: il governo non ha pagato
nulla allora dobbiamo tutti chiedere scusa a Renzi e al suo ministro e lo
faremmo più che volentieri, fossimo sicuri che è vero. Seconda ipotesi: il governo ha pagato il riscatto
(qualunque esso sia), per via diretta o indiretta, e allora ha avuto torto, a
tradito il Paese e gli italiani.
Una domanda lecita: come mai
l’ISIS che ha la decapitazione facile, non l’ha praticata sulle due volontarie? E meno male, ma una ragione ci dev'essere.
venerdì 16 gennaio 2015
La liberazione delle due ragazze italiane prigioniere in Siria
La liberazione delle due
ragazze italiane prigioniere in Siria
Sono felice per loro ma, in
qualità di contribuente, ho alcune cose da dire:
Capisco che queste due
ragazze abbiano voluto fare del bene, ma lo potevano fare a casa, senza andare
così lontano. E in modo sprovveduto,
in un paese così a rischio dove, peraltro, grazie all’Islam, le donne sono considerate esseri inferiori
e quindi spendibili.
Naturalmente ISIS che ha un
grande senso dei propri interessi ha capito bene il vantaggio che poteva trarre
da questa situazione e, con molto giudizio, l’ha trascinata nel tempo fino a
farla diventare insopportabile per il governo italiano.
Il governo italiano ha
ceduto pagando un riscatto di 12 milioni di Euro (o dollari che siano). Questo, nel nostro Paese, dove l’essenziale per vivere manca
a molti pensionati, molti disoccupati, molti ammalati gravi che non ricevono le
cure essenziali per mancanza di strutture sanitarie adeguate. Questo riscatto è non solo
incomprensibile ma anche imperdonabile.
Perché è un riscatto, perché è un atto di sudditanza politica del
governo italiano all’ISIS, struttura terroristica fuorilegge in tutto il mondo
e ben nota per i suoi metodi assassini.
C’è da sperare che non ci
saranno più bravi volontari per la Siria e per altre zone a rischio della
stessa risma. Che non ci sarà più
bisogno di riscatti milionari
provenienti dalle tasche dei contribuenti. Che il governo ammonirà una volta per tutte chiunque abbia
di queste buone intenzioni che sarà solo nelle sue magnifiche imprese e che
dovrà badare a se stesso.
Per ora, i membri del
governo e della stampa continuano nelle loro giubilanti dichiarazioni di
vittoria, davanti a telecamere e giornaliste.
Svegliamoci….
lunedì 12 gennaio 2015
Boko Haram
Boko Haram
Boko Haram è l’esempio per eccellenza della disperazione
umana che caratterizza certe popolazioni che si richiamano all’Islam. Gli attentati eseguiti in NIgeria con
bambine cosiddette kamikaze, vittime inconsapevoli e involontarie di una volontà di potenza di cui non
potevano sapere nulla. Il peggio
del peggio. I leader e i capi islamici del mondo devono elevare una voce forte
e incisiva contro questa versione dell’Islam. Se non lo fanno, sono colpevoli di un peccato di omissione
grave eimperdonalbile.
Il sole si è spento
Si è spento il
sole
Per 12, forse 16 persone, giornalisti di Charlie Hebdo e
poliziotti, si è spento il sole.
Sono morti per mano di terroristi islamici che hanno impugnato le armi.
pesanti. I giornalisti di Charlie Hebdo sono tosti, spesso antipatici e
estremi, ma non hanno mai impugnato le armi, se non quelle consentite in una
democrazia e, principalmente, la libertà di espressione. Sono stati abbattuti come cani.
Si dice che l’Islam non è terroristico, che i capi delle
moschee europee sono pacifici, e come farebbero altrimenti? Ma si esprimono a bisbigli, mai a voce
alta sul terrorismo. Non hanno
voce in capitolo perché non hanno capito gli essenziali.
Il problema di
fondo non è dell’Islam, seppure colpevole di non meglio applicare oggi le regole
di una religione che ha il suo posto tra le grandi religioni della storia
umana. Il problema è di origine
socio-politica.
Molti paesi del
Medio Oriente, dalla fine dell’ultimo conflitto mondiale e del colonialismo,
sono piombati in deserti economici e sociali e la loro percezione dell’Islam ha
seguito questo filone di disidentificazione. L’Islam di oggi è quello della strada, dei campi profughi,
della miseria e dell’ignoranza . La riscossa per loro è nella reazione, e la reazione è nel
terrorismo, quadratura del cerchio per eccellenza.
La soluzione è una sola. Richiamare le popolazioni di questi Paesi alla civiltà e
allo sviluppo economico globale.
Farle uscire dalla disoccupazione e dalla marginalità. Farle
lavorare al proprio riscatto. Farle
ritrovare il proprio onore e la propria dignità. Non c’è altra soluzione.
giovedì 25 settembre 2014
I grandi Imperi
Nel Novecento sono stati spazzati via i grandi Imperi. Per diversi motivi e diverse
concomitanze. Esempi: l’impero
Austro-Ungarico per il sorgere della potenza prussiana, e dei nazionalismi
est-europei. l’Impero ottomano per
l’ingordigia coloniale della Gran Bretagna, della Germania e della Francia.
Questi due Imperi avevano un tessuto socio-politico pluri-secolare e molto delicato che,
tutto sommato, nel corso della storia, aveva retto bene, tranne forse all’invecchiamento. La scomparsa di entrambi è stata la
premessa della prima e della seconda guerra mondiale. E, nel caso dell’Impero
ottomano, una delle conseguenze più deleterie è stata, con l’incancrenirsi di
decisioni sbagliate a livello internazionale e di vecchie ferite, l’insorgenza
di una forma di islam radicale che sfrutta l’infelicità delle molte nazioni
incompiute, sorte dalle ceneri dell’Impero turco. Una lezione che pare non
essere stata capita fino in fondo.
Ultima in data, la fine per implosione dell’Impero sovietico,
da tutti (anche da me) accolta con esultanza, ha modificato profondamente
la geopolitica europea. E’
nata così la Russia e tutto un
polvere di stelle vaganti nell’Europa orientale. Oggi, l’Occidente appoggia le stelle vaganti in nome della
democrazia e, sulla questione ucraina, contesta la Russia, la quale, almeno da
Pietro il Grande in poi, è diventata parte integrante della storia europea, nel
bene e nel male. La Russia fa parte del tessuto europeo, dell’economia
europea senza ombra di dubbio . Non la si può marginalizzare,
non la si deve spaventare accogliendo nella NATO le nazioni vicini, escludendo lei, in uno
schema deterrente inutile e pericolosissimo, e neanche con sanzioni ingiuste e
provocatorie che la isolano e la costringono a una politica irragionevole. Occorre, in tutti
modi, spingerla a un'attitudine saggia e compiuta verso i suoi vicini,
federazione o quant’altro, aggregando, piuttosto che disgregando.
Non possiamo fare a meno della Russia. Sarebbe un riproporre gli errori del
passato, dettata da un’etica politica impotente, piuttosto che da un senso di
pragmatismo utile a tutti.
Churchill vs Hitler
L’ISIS è il grande nemico oggi, come Hitler ieri. Stessa volontà di potenza e di
supremazia, stesso utilizzo di mezzi di sopraffazione e di terrore per
soggiogare le popolazioni, stessa crudeltà nel fare fuori i nemici presunti, da
Foley fino a Hervé Gourdel. E,
come Hitler, non si fermerà fino a che non raggiunge lo scopo o fino a che non
viene fermato.
In pochi mesi, L'ISIS si è appropriato di un terzo del territorio
iracheno e di un terzo di quello siriano che sta governando con il pugno di
ferro e con la Shariah. Si è impossessato di campi petroliferi che sta
sfruttando alla grande, ha depredato le banche dei territori occupati. Ha tutti i soldi di cui abbisogna per
armarsi fino ai denti.
E va avanti… con il sostegno di molti mussulmani e anche di
molti seguaci di origine europea e (forse) mussulmana. Va avanti anche con il consenso dei
mufti dei paesi islamici, giacché nessuno di loro ha alzato la voce contro le
barbarie che essa sta commettendo.
Non uno, seppure l’Islam praticato dall’ISIS è di natura prettamente
politica e niente ha a che vedere con la religione islamica. E questo silenzio delle autorità
religiose mussulmane presuppone che sono d’accordo sia con i suoi mezzi sia con
la sua volontà di predominio.
L’unico gruppo che si oppone, con un blog britannico dal titolo “Not in
my name”, è piccolo e sparuto e anche… molto coraggioso, avendo pubblicato le
foto dei propri membri.
L’Occidente, per adesso, continua nella sua posizione di attesa. Qualcosa sta facendo, cercando di non
sporcarsi le mani, di non attirare critiche, di non scoraggiare gli alleati
mussulmani. Politica.
Ma la politica non basta. Churchill lo ha dimostrato, guidando e vincendo il conflitto
contro Hitler dal 1940, anche se portando il proprio Paese allo stremo e
l’Impero britannico allo sfacelo.
Non poteva fare diversamente.
L’Occidente oggi è nella stessa situazione. Non può fare altro che combattere l'ISIS fino in fondo. Se ne deve convincere.
lunedì 31 marzo 2014
Europa e Europeisti
Appunti di Enzo Papi
“Fatto l’Euro si farà l’Europa” avranno pensato i fautori della Federazione pacificatrice degli
antichi e disastrosi confronti del Continente. Per questi l’Euro avrebbe dovuto rendere
inevitabile l’unità federativa ed aggregare il futuro dei popoli europei in un unico destino, in
un’unica fortuna e in un unico sentimento.
Altri, più concretamente, hanno visto nell’Euro risposte a specifiche carenze della propria
Nazione che speravano di condividere con Paesi più fortunati. Nessuno ha pensato che gli
effetti di una moneta in attesa di avere una Patria potevano essere disastrosi per l’equilibrio
dello sviluppo tra le Nazioni, rafforzando le più competitive e penalizzando le più deboli.
Eppure bastava guardare alle nostre esperienze nazionali.
L’Italia unitaria adottò subito, come ora l’Europa, una moneta unica (la Lira). La moneta unica,
impiegata da aree a ben diversa capacità competitiva, amplificò le loro differenze di sviluppo
e di ricchezza e, senza Carabinieri pronti a “pacificare” le proteste dei disillusi, subito definiti
“briganti”, l’unità del nuovo soggetto politico avrebbe corso seri rischi.
In Italia, come ora in Europa, vi era un problema di identità. “Fatta l’Italia ora bisogna
fare gli italiani” diceva preoccupato Cavour, che ben sapeva la fragilità del sentimento
nazionale che, conserva ancora, dopo 150 anni, momenti di qualche incertezza. Però l’Italia
era politicamente unita. C’era il Re, un Governo e c’erano i Carabinieri, che, all’occasione,
potevano ricordare che non si poteva tornare indietro. Gli scontenti dell’unità (e della Lira),
che non si davano ragione di essere andati a star peggio, potevano sempre cercar fortuna
all’estero. E non furono pochi i “terroni” che si diressero nelle Americhe, in Europa e, più
recentemente, verso le metropoli del Nord Italia.
Purtroppo non è difficile prevedere che, anche oggi, l’idealismo di convinti profeti europei e la
furbizia dei pragmatici governanti nazionali, possa portare a esiti ben diversi dall’atteso.
L’Euro sta scavando, ogni giorno di più, il solco tra Nazioni ricche e povere dell’Europa. Un
solco che oramai non si limita al presente, ma deprime le speranze del Sud mediterraneo nella
certezza di un declino inevitabile.
Ripercorrendo l’esperienza italiana resta ora da vedere se i popoli dell’Europa mediterranea
sceglieranno la già sperimentata soluzione dell’emigrazione o quella della contestazione di
questo semplicistico disegno europeo e basterà votare per qualcuno che assomigli a Marine
Le Pen per avviarlo verso un caos ben problematico.
D’altra parte è certo che la geopolitica contemporanea assegna solo all’Europa un ruolo e non
alle sue vecchie nazioni. Proprio per questo la questione della sua unità non può essere risolta
da vincoli monetarie, a una burocrazia incompetente e confusa o a furbizie elettorali di questo
o quel partito. I costi di un fallimento saranno ben superiori a quelli di una finalizzazione
e tutti se ne devono far carico. E tutti vuol dire anche quelli che dall’Euro hanno avuto
innegabili benefici.
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