Ho perso un po' l'interesse, posso dirlo? Nella politica, nella cultura, nella storia, tutte cose che per me sono state di importanza fondamentale, da sempre. Mi sembra che viviamo una confusione inestricabile.
1) Nella politica italiana: ormai la posta in gioco per tutti - a cominciare da Napolitano, per passare poi a Fini, Di Pietro, all'incapace PD che vuole creare un novello Ulivo (!)- è di togliere di mezzo Berlusconi. Si può essere anche d'accordo, ma non si vede una proposta politica alternativa. Chi la può proporre? D'Alema, che sto guardando adesso su SKY TG Active? Infilza con grande sufficienza preziose polemiche, una dopo l'altra, banalità, banalità... Non si è mai esposto in prima persona, gode dei privilegi che si è creato in qualità di eminenza grigia, molto grigia. E' sempre stato di una prudenza quasi patologica nel difendere un suo futuro ormai atrofico e ipotetico, dato il carattere e l'età. Fini cerca di proteggere i suoi scheletri nell'armadio e uscire fuori vivo, mettendo tutti contro tutti, qualunque sia il costo per la collettività. Casini cerca di vendersi al meglio offerente da tempo, a costo di ammazzare il Centro. Rutelli è quello di sempre, peso piuma per eccellenza. Tutti si richiamano alla democrazia e a un liberalismo ormai agonizzanti, tutti sono mossi da vanità e da secondo fini.
Ma il costo c'è e il risultato pure, quello che abbiamo sotto gli occhi: la paralisi.
2) Nella politica dell'Europa, supina e avvinghiata nel proprio pensiero "politically correct" che soffoca l'economia e la vita dei singoli con il pachiderma burocratico , e la politica internazionale con quello che Dante chiama ignavia, nella Divina Commedia, e che giudica forse come il peggiore difetto tra tutti. Di nuovo la paralisi.
3) Nella politica americana. Obama pensa che le belle parole possano sostituire le azioni politiche. Il danno era già fatto prima che arrivasse, ma lasciando l'Iraq adesso, la coda fra le gambe, non fa che lasciarlo in balia del prossimo Saddam che non potrà che sorgere a breve. E' scritto nelle stelle. Capisco che Iraq, Afganistan, il conflitto medio-orientale, l'Iran nucleare, siano problemi mega-galattici. La buona volontà c'era forse, ma queste cose sono state affrontate a dire poco con tiepidezza, con timidezza, quasi con un senso di panico. Ancora paralisi.
Insomma, tirando le somme, da ogni parte manca il pragmatismo, il senso di concretezza e di equità nell'affrontare i problemi fino in fondo, secondo un vero progetto. Il mondo non aspetta, la storia neanche, le guerre neanche. Non hanno mai aspettato e, lasciati con la briglia sciolta, inseguono la loro intrinseca violenza, la loro naturale iniquità, la loro spontanea tragedia. Si può anche lasciare che accada e perchè no? I problemi si risolverebbero da soli, i più forti vincerebbero, gli altri subirebbero.
Io, da sempre, ho in mente un esempio, Roma, che è stata, oltre che un crogiolo etnico, religioso, culturale, un vero laboratorio politico e dell'arte di governare. Ha funzionato, con alti e bassi, per mille anni su un territorio vastissimo e molto variegato le cui singole parti, pur nel rispetto della loro specificità, erano pienamente coinvolte nel destino comune. Roma, globale se si vuole per quell'epoca, era governata, ben governata. Altra cosa.
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