sabato 12 giugno 2010

La legge sulle intercettazioni

Tutto questo caos intorno alla nascente legge sulle intercettazioni poteva essere evitato.
La verità è che questa legge si è resa necessaria per un fatto inconfutabile e largamente documentabile: le fughe di notizie dalle Procure e la mancanza di controllo da parte di queste, forse la volontà precisa di non controllarle.
Premesso che ai giornalisti spetta il diritto/dovere di informare la pubblica opinione su ogni notizia, premesso che i giornalisti da tempo immemore hanno anche il diritto/dovere di proteggere le loro fonti, resta solo da constatare che, in fatto di fughe, la responsabilità risiede esclusivamente con le Procure. Se queste avessero vigilato come si deve
1)sulla costituzionale presunzione d’innocenza che vale per tutti, invece di considerare più utile ai propri fini (politici?) la presunzione di colpevolezza, tanto meglio se propagandata sui media
2)sul diritto sacrosanto alla privacy di tutti, senza discriminazioni
3)sulla rispondenza, in termini numerici e temporali, delle intercettazioni ai reati effettivi e non presunti oppure inesistenti
4)sulla funzione primaria del sistema giudiziario che non può sovrapporsi o sostituirsi alla funzione investigativa delle forze dell’ordine, bensì deve basarsi su questa per accertare e istruire i casi di reato.
Fatte queste premesse, se queste poche regole fossero state rispettate dalle Procure, oggi non avremmo davanti una legge farraginosa sulle intercettazioni, ingiusta verso i giornalisti e l’opinione pubblica, lesiva del corretto svolgimento della lotta alla criminalità di tutti i tipi e non solo terroristica o mafiosa, una legge giustamente contrastata dall’opposizione e da una parte della stessa maggioranza, certamente dai giornalisti che sono penalizzati in modo inaccettabile e da coloro a cui spetta l’ordine pubblico che non possono correttamente svolgere il proprio lavoro.
Le cose sono semplici così, quando non sono inquinate dai secondi fini, essenzialmente corporativi. C’è da chiedersi perché non lo dice nessuno./o:p>
Dove sta la solidarietà e l’equità a cui si richiama la CGIL?  Non è più il Paese di Bengodi, questo.  Il tappetto è troppo striminzito.  Tira e tira, qualcuno resta scoperto e sono sempre gli stessi.