sabato 20 aprile 2013

Non è più un bazaar e basta, è molto di più...




Infatti, questa elezione presidenziale è un tornante storico.  Trent’anni dopo la caduta del comunismo , Il PD, cioè il post-comunismo, scompare, insieme a tutte le sue incertezze, debolezze, contraddizioni e ferree convinzioni. Molti, come me, auspicavano questo momento, ma non in questi termini.  Cioè, non per mano di una “rivoluzione senza ghigliottina” che ha già fatto scempio di tre partiti – meritatamente – FLI, UDC e IV.  Resta il PdL.  Berlusconi è un combattente tosto ma è vulnerabile. Grillo per parte sua è furbo e molto motivato da questi successi che confermano la sua vocazione di Padre Eterno.  Chissà che non abbia la meglio anche sul PdL.

C’è da temere che, sgombrato il campo dai vecchi partiti, restiamo con un Partito Unico le cui regole democratiche sono tutte da dimostrare.  Per adesso Grillo ha lavorato on-line su minuscole entità e su una minoranza di individui spogliati del proprio diritto di critica e di scelta.  E quindi in modo non significativo in senso democratico.  Ma l’operazione  condotta da Grillo lascia sul campo  50% dell’elettorato italiano senza difese, senza bussola e senza voce.  E non dà alcuna garanzia per la governabilità futura.

C’è di più.  Ora pare che Napolitano rientri in campo, premettendo  alla sua candidatura la formazione di un governo di grande coalizione.  Ben venga, in questo caos, sempre che funzioni.  Questo nuovo fatto di per sé, insieme al ruolo di rilievo politico che Napolitano ha svolto negli ultimi mesi, fa pensare a una evoluzione di fatto verso una Repubblica Presidenziale.  Una novità che cambia la faccia costituzionale di questo Paese, in senso positivo, almeno fintanto che rimane Napolitano a controllare il bazaar, e forse anche in seguito.  

Siamo dunque di fronte a due elementi di sostanziale novità:  il Partito Unico di Grillo e  la nascitura Repubblica Presidenziale.  E dopo? 

L’Italia è sempre stata un laboratorio politico, e tuttavia rare volte sono cambiati gli atteggiamenti individuali.  Ragione per la quale siamo arrivati a questo punto. Stiamo a vedere che direzione prenderà adesso.

mercoledì 17 aprile 2013

L'elezione del Presidente della Repubblica



E’ domani il grande giorno.  Noi italiani ci chiediamo che cosa succederà nel bazaar della politica del nostro Paese, in questa occasione.
Chi voteranno, i nostri bravi ?  Domanda cruciale.
La signora Gabbanelli?  Ho seguito sempre con interesse il suo “Report” e, tranne rare occasione,  ho pensato che fosse una giornalista molto preparata e un essere umano di qualità.  Ma questo non vuol dire essere all’altezza di un compito così importante come la Presidenza della Repubblica e lei ha la buona grazia di riconoscerlo.  E’ stata prescelta da un pulviscolo di elettori on-line, poco rappresentativi del popolo italiano.
D’Alema, il prudentissimo,  molto attento alla sua immagine, che ha sempre preferito il ruolo di eminenza grigia per lasciarsi le spalle coperte e le strade aperte.  Non una buona scelta in un Paese che ha bisogno di uomini coraggiosi.  O forse troverà il coraggio in un occasione così importante.  Chissà?
Rodotà?  Uomo di tutte le stagioni e ormai vecchio vecchio.  In tempi che richiedono l’apertura sul futuro, forse non la persona più adatta.
Il bravo Amato?  Ne rispetto la grande intelligenza, ma ha tradito Craxi, brutto segno.  Per opportunismo o per convinzione, non importa.  Importa il precedente.  Qui, in questa occasione, ci vuole una persona ineccepibile.
Per chi voterei io ( non ne avrò l’occasione)?
Per Cacciari o per Violante.  Entrambi hanno molto sbagliato e molto imparato dagli errori:
Cacciari? Dall’alto della sua torre d’avorio filosofica, ha per anni tenuto posizioni molto teoriche e poco pratiche, ma una volta diventato sindaco di Venezia ha messo la testa a posto.  Oggi è un uomo che capisce la realtà e ha messo da parte la vanità personale.  Grandi qualità in una situazione come quella che attraversa il Paese.  Peccato che non sia in lizza.
Violante?  E’ stato un magistrato arrabbiato per anni ma poi, di fronte all’evidenza, si è tirato in disparte e ci è rimasto.  Alla fine ha capito di dovere rinunciare  alla rabbia. Rimane un grande giurista, democratico convinto e lo si vede dai suoi scritti degli ultimi anni. Ma neanche lui è in lizza.  Peccato.  Mi sembra un ottimo candidato, che non voterà nessuno.
Da domani sarà tutto chiaro:  anche la strada che prenderà il Paese.