martedì 27 gennaio 2015

I nazisti e l'Isis


Stasera su Arte ho visto un programma su Hollywood e la Shoah. Ho tralasciato tutti i commenti vanesi e ho guardato solo le immagini.  Un colpo al cuore, per quanto conosciute da quando ho una memoria per ricordare. Sono nata nel ’46, non durante la guerra, ma nella mia infanzia, dai sei-sette anni, sentivo le conversazioni in famiglia sulle persecuzioni naziste degli ebrei.  Mio padre ci perdeva il sonno, anni e anni, dopo e quando mia madre gli chiedeva “perché non dormi”, lui rispondeva “ Tu non sai gli orrori che mi passano nel cervello.”  A Cambridge, negli anni Sessanta, sono andata a vedere al cinema, le riprese naziste dei campi di concentramento.  E’ venuto mio padre a trovarmi e glielo raccontato, dicendo “ma come hanno  fatto a filmare gli orrori che commettevano?”  Lui mi ha risposto “Perché erano fieri di ciò che facevano.” Ho capito  quali erano le immagini che lo tenevano sveglio e, di lì, è nata la mia intolleranza verso l’intolleranza.
Oggi, con l’Isis, siamo alle solite, per quanto le immagini delle decapitazioni vengano oscurate dalle TV.   Ci perdo il sonno anch’io, ma non mi chiedo più perché stanno a filmarle. La lezione l’ho imparata molto tempo fa.  Perché sono fieri di ciò che fanno.  Per motivi ideologici o religiosi, che cosa cambia? Gli orrori sono orrori.

sabato 17 gennaio 2015

Il ministro in difficoltà

Il ministro degli affari esteri dà l’idea di una persona troppo seria per navigare con disinvoltura.  Appare gravemente a disagio nel rispondere alle domande sul riscatto versato a ISIS per la liberazione delle due ragazze italiane, durante il programma della Gruber.  Cerca le parole con cura sofferta per non rivelare nulla di ciò che sa, e cade palesemente nell’ambiguità. 

“Abbiamo fatto ciò che tutti i governi hanno fatto in passato”.  Che vuol dire?
Può voler dire una cosa e il suo contrario.  La prima ipotesi:  il governo non ha pagato nulla allora dobbiamo tutti chiedere scusa a Renzi e al suo ministro e lo faremmo più che volentieri, fossimo sicuri che è vero.  Seconda ipotesi:  il governo ha pagato il riscatto (qualunque esso sia), per via diretta o indiretta, e allora ha avuto torto, a tradito il Paese e gli italiani.


Una domanda lecita: come mai l’ISIS che ha la decapitazione facile, non l’ha praticata sulle due volontarie? E meno male, ma una ragione ci dev'essere.

venerdì 16 gennaio 2015

La liberazione delle due ragazze italiane prigioniere in Siria




La liberazione delle due ragazze italiane prigioniere in Siria

Sono felice per loro ma, in qualità di contribuente, ho alcune cose da dire:

Capisco che queste due ragazze abbiano voluto fare del bene, ma lo potevano fare a casa, senza andare così lontano.  E in modo sprovveduto, in un paese così a rischio dove, peraltro,  grazie all’Islam, le donne sono considerate esseri inferiori e quindi spendibili.

Naturalmente ISIS che ha un grande senso dei propri interessi ha capito bene il vantaggio che poteva trarre da questa situazione e, con molto giudizio, l’ha trascinata nel tempo fino a farla diventare insopportabile per il governo italiano. 

Il governo italiano ha ceduto pagando un riscatto di 12 milioni di Euro (o dollari che siano).  Questo, nel nostro Paese, dove l’essenziale per vivere manca a molti pensionati, molti disoccupati, molti ammalati gravi che non ricevono le cure essenziali per mancanza di strutture sanitarie adeguate.  Questo riscatto è non solo incomprensibile ma anche imperdonabile.  Perché è un riscatto, perché è un atto di sudditanza politica del governo italiano all’ISIS, struttura terroristica fuorilegge in tutto il mondo e ben nota per i suoi metodi assassini.   

C’è da sperare che non ci saranno più bravi volontari per la Siria e per altre zone a rischio della stessa risma.  Che non ci sarà più bisogno di riscatti milionari  provenienti dalle tasche dei contribuenti.  Che il governo ammonirà una volta per tutte chiunque abbia di queste buone intenzioni che sarà solo nelle sue magnifiche imprese e che dovrà badare a se stesso.

Per ora, i membri del governo e della stampa continuano nelle loro giubilanti dichiarazioni di vittoria, davanti a telecamere e giornaliste.

Svegliamoci….

lunedì 12 gennaio 2015

Boko Haram

Boko Haram


Boko Haram è l’esempio per eccellenza della disperazione umana che caratterizza certe popolazioni che si richiamano all’Islam.  Gli attentati eseguiti in NIgeria con bambine cosiddette kamikaze, vittime inconsapevoli e involontarie di  una volontà di potenza di cui non potevano sapere nulla.  Il peggio del peggio. I leader e i capi islamici del mondo devono elevare una voce forte e incisiva contro questa versione dell’Islam.  Se non lo fanno, sono colpevoli di un peccato di omissione grave eimperdonalbile.

Il sole si è spento

 Si è spento il sole

Per 12, forse 16 persone, giornalisti di Charlie Hebdo e poliziotti, si è spento il sole.  Sono morti per mano di terroristi islamici che hanno impugnato le armi. pesanti. I giornalisti di Charlie Hebdo sono tosti, spesso antipatici e estremi, ma non hanno mai impugnato le armi, se non quelle consentite in una democrazia e, principalmente, la libertà di espressione.  Sono stati abbattuti come cani. 

Si dice che l’Islam non è terroristico, che i capi delle moschee europee sono pacifici, e come farebbero altrimenti?  Ma si esprimono a bisbigli, mai a voce alta sul terrorismo.  Non hanno voce in capitolo perché non hanno capito gli essenziali.

Il problema  di fondo non è dell’Islam, seppure colpevole di non meglio applicare oggi le regole di una religione che ha il suo posto tra le grandi religioni della storia umana.  Il problema è di origine socio-politica. 

Molti paesi  del Medio Oriente, dalla fine dell’ultimo conflitto mondiale e del colonialismo, sono piombati in deserti economici e sociali e la loro percezione dell’Islam ha seguito questo filone di disidentificazione.  L’Islam di oggi è quello della strada, dei campi profughi, della miseria e  dell’ignoranza .   La riscossa per loro è nella reazione, e la reazione è nel terrorismo, quadratura del cerchio per eccellenza.

La soluzione è una sola.  Richiamare le popolazioni di questi Paesi alla civiltà e allo sviluppo economico globale.  Farle uscire dalla disoccupazione e dalla marginalità. Farle lavorare al proprio riscatto.  Farle ritrovare il proprio onore e la propria dignità.  Non c’è altra soluzione.