domenica 30 gennaio 2011

I miei pensieri nel giorno della Memoria

Galileo inquisito di Goya

Nel 415 dopo Cristo, il vescovo Cirillo fece squartare Ipazia, filosofa, astronoma e matematica, perché si rifiutava di aderire al cristianesimo.  Diventò santo per aver soggiogato il popolo alessandrino, portandolo nel grembo della Chiesa.  Sin da allora e giù per i secoli, l’inquisizione è diventata uno strumento di potere ineguagliabile.  Con la rivoluzione francese, perse il suo carattere religioso, diventò laica.  Ma sempre inquisizione era, nelle caratteristiche e modalità.  Dotata di formidabili tribunali che Adriano Prosperi giustamente chiama “tribunali della coscienza”.  In entrambi i casi, il cristiano e il laico, l’obbiettivo era  tutelare il potere, limitando il libero pensiero e la libera espressione, la libertà insomma, in nome di un ferreo moralismo derivante dal concetto che Bernard Henri-Lévi definisce “il Bene assoluto”.

A questo punto, mi approprio della giusta distinzione di Angelino Alfano tra moralismo e moralità.  Sono esclusivi l’uno dell’altra.  Il moralismo può fare a meno della moralità, e ciò accade spesso.  La moralità deve fare a meno del moralismo.  Il primo giustifica e legittima il potere,  la seconda governa le azioni dell’individuo nella sua veste privata e pubblica, e assicura la sociabilità pacifica. All’individuo, il Vangelo, testo di straordinario pragmatismo, suggerisce di “dare a Cesare ciò che è di Cesare”, riconoscendo la difficoltà dei singoli di far fronte senza compromessi al mondo imperfetto in cui vivono.  Ai moralisti, assesta il colpo del “chi non ha mai peccato scagli la prima pietra”.

I moralisti di ogni risma e di ogni tempo, cristiani, mussulmani, laici e quant’altro, hanno dimostrato un pragmatismo molto più brutale. Qualche esempio:

Arnaud Amaury, abate cistercense e legato pontificio contro gli eretici di Linguadoca, all’indomani della presa di Béziers nel 1209, lanciò la famosa frase “Uccideteli tutti.  Dio riconoscerà i suoi.”  Non ci fu bisogno di tribunali.  Vennero dopo e molto ben congegnati allo scopo, anche se oggi vige una revisione al “ribasso” dei morti ammazzati dall’Inquisizione.  Difficile cancellarli, tuttavia,  pochi o tanti che siano, com’è difficile condonare l’abiura e  l’esilio forzati, dei catari, valdesi, ebrei, di Francia, Spagna e Portogallo.  Più tardi la persecuzione dei riformati.  Noël Beda, Mathieu Ory, la Sorbona dei dottori, grandi inquisitori.  Il massacro della San Bartolomeo.  Non ci fu processo o tribunale in quel caso.

Della Rivoluzione francese sappiamo quel che sappiamo:  il tribunale di Salute Pubblica, la ghigliottina sempre occupata, morti innumerevoli.  Fu così violenta, la Rivoluzione,  da divorare se stessa.

Lenin:  “fucilatela”, a proposito di una vecchietta che lo importunava.  Era nei primi tempi.  Dopo diventò un saggio amministratore, istituì i nuovi tribunali rivoluzionari e le corti popolari informati alla “coscienza legale socialista”, la Commissione straordinaria per combattere la contro-rivoluzione.  E poi, la Ceka… 

Hitler, dal canto suo, di fronte a milioni di nemici in patria – ebrei, zingari, froci - non aveva modo di istituire tribunali e scelse metodi più spicci:  i campi di sterminio.  Lo imitò con grande successo Stalin con il trasferimento di 5 milioni di Kulaki nei campi di lavoro dove morirono, i gulag, la grande Purga.  Lì, è vero, i tribunali c’erano, i risultati anche.

Khomeiny:  “Processi?  Sono colpevoli tutti.  Questa generazione deve scomparire insieme a tutta la sua discendenza.” All’inizio, ce ne furono di processi, per la vetrina.  Quello di mio padre durò 7 minuti, seguito a poche ore di distanza dalla fucilazione.  Come mio padre altri, molti altri,  oltre i kurdi, i turcomanni, dire 10000 forse è poco, e milioni di esuli.

Di esempi così la Storia è piena, giù giù fino a Tangentopoli, con i suoi miasmi è vero, ma anche con la lucida e feroce determinazione di magistrati:  “Rivolteremo l’Italia come un calzino.  Li metteremo dentro tutti e butteremo via le chiavi.”  Si trattava, sì, di ripulire l’Italia ed era un bene,  ma poi si è visto che si trattava anche di consolidare il potere nascente della magistratura.  Come da copione. 

In Europa, oggi, non esiste più la pena di morte, vivaddio.  Il Bene Assoluto è stato sostituito da un più gentile, ma altrettanto tirannico perbenismo,  che gli americani chiamano il “politically correct”. La cultura vigente impone un’accondiscendenza,  un conformismo che imbavaglia i singoli, toglie loro il diritto di usare la propria testa, pena l’esclusione dalla comunità grande e piccola.  La platea mediatica poi aiuta, serve da arena  di addormentamento e di repressione di qualsivoglia dissenso.  Come si fa a dissentire da Annozero?  Non si può… Serve anche, la platea mediatica, come anteprima dei processi giudiziari.  Non c’è da stupirsi che stia scomparendo la presunzione d’innocenza.   Un caposaldo del diritto, praticato oggi  dai più coraggiosi, e ce ne sono grazie a Dio, ma sempre più clandestini.

Questi i miei pensieri, non proprio felici, nel giorno della Memoria.   Sto diventando vecchia, fatto poco piacevole, ma voglio godermi almeno il privilegio della vecchiaia che consiste nel dire ciò che penso.  E penso che ricordare non basta, piangere neanche.  Il passato è stato brutto, ma il futuro non si presenta roseo, se si continua così a sperperare le poche conquiste che ci ha consentito la Storia. 

martedì 25 gennaio 2011

Scene di caccia in bassa Baviera

Plakat zum Film: Jagdszenen aus Niederbayern




Mi piace Berlusconi?  No e oggi, in veste di satrapo orientale,  è indifendibile.  Di sicuro, ma proprio di sicuro, non mi piace neanche la caccia all’uomo, chiunque sia.   La trovo imperdonabile, uno strumento del tutto inaccettabile nel confronto politico e giudiziario.  Da una cosa nasce l’altra e, sul filo della leggerezza, si va incontro a disastri, per non dire tragedie.  Basta un po’ di buon senso per capirlo.  Così si creano precedenti molto pericolosi per la democrazia, fuori dai percorsi legittimi che sono esclusivamente le elezioni, il Parlamento, la Presidenza della Repubblica.  Si procede per intercettazioni protratte e del tutto inappropriate, in mancanza di reato accertato o accertabile, su privati cittadini, seppure escort da quattro soldi, anche questo un precedente non accettabile.  Non solo per la privacy dei potenti, ma anche e soprattutto del comune cittadino .  Ci riflettano i Casini, i Fini, le Rosy Bindi che minacciano di “non dare tregua” a Berlusconi.   Brutto linguaggio, brutti comportamenti che danneggiano il Paese almeno quanto le bravate erotiche di Berlusconi.  Tra la volpe inseguita e la muta che insegue,  preferisco comunque la volpe.

mercoledì 19 gennaio 2011

Formidabile Ruby


La televisione è un’arte, è una scienza ben definita, non vi accade nulla a caso.  Di spontaneo non c’è nulla,  né una battuta, né una risata , né una lacrima, è tutto predisposto in anticipo, Grande Fratello, Amici, Chi l’ha visto.  Forse non lo sa il volgo, ma lo dovrebbe sapere, ne dovrebbe avere almeno l’intuizione.
Dove trova questa straordinaria sapienza mediatica, la giovane Ruby, appena diciottenne?   Senza trucco, in versione addomesticata, in stretto tubino di raso blu, con una libertà, una disinvoltura invidiabile, una dichiarazione contraria all’altra nello spazio di una giornata, comunque eclatante, un titolone dopo l'altro.  7000 euro, 5 milioni di euro e così via.  E’ tutta farina del suo sacco? Se lo è, chapeau.  Batte De Filippi e tutti quelli come lei.  Ha talento e determinazione, farà una bella carriera.

lunedì 17 gennaio 2011

La nave fantasma



Bersani è il pilota di una nave fantasma.  Fa quasi tenerezza.   Pieno di buona volontà nella sua sofferenza di fare rivivere il PD, pieno anche di discorsi sentenziosi e poco incisivi, in ogni situazione, moralità sperperata, progetti zero se non a parole, un senso di accerchiamento con i vari Di Pietro e Vendola del caso.  Non ci crede nessuno, neanche Di Pietro, il grande opportunista, neanche Vendola, il simpatico tessitore di belle favole.  C’è solo la necessità terribile di stare insieme, come certe coppie allo sbando che hanno paura di affrontare il divorzio.  Si è visto in questi giorni, con Veltroni e compagnia che hanno lasciato l’aula prima di votare, dicendo  “Non vogliamo distruggere l’unità del Partito.”  Ma che cosa vogliono, Bersani, Veltroni, Vendola (!!), Fassino, d’Alema e tutti gli altri fantasmi che popolano questa nave alla deriva?  Che cosa offrono al Paese?  Difficile da capire.

Resisteremo!




Riguardo al fascicolo appena aperto dalla Procura di Milano contro Berlusconi per aver molestato la minorenne Ruby o avere abusato di lei nella sua casa di Arcore, gli avvocati di Berlusconi sostengono che è stata commesso una grave infrazione alla privacy di Silvio Berlusconi.
Non si può essere d’accordo:  sia perché la vita personale (e economica) del Premier dovrebbe essere un libro aperto, sia perché la sua residenza di Arcore non gode di particolare immunità.

Detto questo, osserviamo che:
1)   Con la sentenza sul legittimo impedimento, la Corte Costituzionale ha dimostrato la sua forte politicizzazione:  un po’ + di ½ per una parte (la sinistra), un po’ - di ½ per l’altra (la destra).  Questo va contro il suo dovere assoluto d’imparzialità. Non è stato considerata la sostanza fino in fondo, solo gli interessi di parte.  La sostanza sarebbe stata di soprassedere fino alla fine del mandato Berlusconi, mettendo sul piatto della bilancia l’opportunità di attaccare un’importante istituzione dello Stato, con gravi danni non solo alla sua funzione di governo, non solo all’immagine internazionale del Paese, bensì alla centralità democratica di questa istituzione.  Così si è solo praticato il famoso “nì”, fonte di confusione inestricabile.
2)   Ci risiamo, con la chiamata dei giudici milanesi sul caso Ruby.  Ed era prevedibile visto il rischio di prescrizione per Berlusconi in alcuni processi, derivante dalla sentenza ultima della Corte Costituzionale sul legittimo impedimento.  Infatti, sul caso Ruby, i giudici milanesi si sono espressi seduta stante, con un fascicolo che a oggi ha già raggiunto 360 pagine, a quanto dicono le news varie e variegate.

La prescrizione è una brutta faccenda in assoluto, tranne per il fatto che la magistratura con le sue lentezze ne è spesso responsabile.  Neanche nei vari casi Berlusconi, così vicini al suo cuore, è riuscita a essere efficace, immaginarsi nel caso dei poveri diavoli che attendono un responso da anni e anni, forse anche a causa di tutti i procedimenti contro Berlusconi che occupano la magistratura fino allo spasimo. 
Altrettanto brutto, tuttavia, è fermare la vita di questo Paese e del suo governo con ulteriori procedimenti che rischiano di finire nel nulla, com’è già accaduto (vedi la pagina di Wikipedia su Berlusconi).  Non è più tempo di ruzzare.  Né è più tempo di gridare “Resisteremo!” come fecero i magistrati milanesi, durante la vicenda Tangentopoli, convinti com’erano di governare molto meglio il Paese di chiunque altro.  


La magistratura è necessaria, è di un’utilità inconfutabile, ma farebbe bene a stare fuori dalla politica.  Per il bene della democrazia.  Ma ancora non ha imparato la lezione.   Il fatto che i magistrati possano liberamente passare dalla loro professione alla politica, mettendosi semplicemente in aspettativa ne è segno deplorevole.  Il piede in due staffe:  troppo semplice, e poi si grida al conflitto d’interessi.  In ogni caso, non è compito della magistratura mandare i governi a casa.  Fino a nuovo ordine a farlo sono gli elettori, le camere, il Presidente della repubblica. Altrimenti la democrazia è davvero a rischio.

Berlusconi è un personaggio dubbio (seppure dotato di grande resistenza:  (+ di 100 procedimento a suo carico!) .  Soffre del vizio d’impunibilità di tutti i principi.  Ma mentre lui passerà, inevitabilmente, rischiamo di trovarci sul groppone per sempre una corporazione di magistrati sempre più forte, fuori dai solchi istituzionali legittimi e quindi invasiva per il sistema democratico. 
C’è da riflettere molto seriamente.