venerdì 25 ottobre 2013

rotta di collisione



Dal di fuori, appare proprio così, la strada intrapresa da Berlusconi da ieri.  
Stamattina, ho sentito un programma radiofonico di Radio 24.  C’era l’intervista dell’amico maghrebino di Berlusconi (di cui non ricordo il nome). Diceva di Berlusconi che era come De Gaulle, coraggioso e determinato, e che non era certo ancora finito.  Una dichiarazione che lascia un po’ smarriti.  Berlusconi ha coraggio da rivendere, è vero, ed è effettivamente molto determinato. 

Lo è anche negli errori – primo fra tutti rifiutando gli oneri e le responsabilità di un uomo di Stato, a differenza di De Gaulle che pensava di essere la Francia e agiva in conseguenza. 
Lo è  nelle scelte dei suoi compagni di strada – gli unici rimasti ora,  Santanchè e Verdini, i prediletti.  De Gaulle planava assai sopra i suoi collaboratori, decideva sempre lui, con la propria testa.   Non ascoltava gli ambiziosi, i prevaricatori, gli adulatori.

Lo è nell’incapacità di staccare la spina,  a differenza di De Gaulle  che ha capito sempre quando era l’ora di farlo, nel ’46 e nel ’69.

Il coraggio di Berlusconi è come quello di chi viaggia a tutta velocità lungo uno strapiombo, la sua determinazione viene non da una politica ragionata fino in fondo, con freddezza, con chiaroveggenza, lasciando da parte i sogni, ma da un’immagine romantica di se stesso che lo ha sempre portato all’illusione.


Lo strapiombo c’è.  Il romanticismo non serve a niente.  Adesso manca la ragione.  Per cui il rischio di uno sfracello grave è ben presente, per lui, per la sua famiglia dato che vuole coinvolgere sua figlia ma, peggio ancora per il rinascente movimento di Forza Italia, e peggio peggio ancora, per il Paese.

giovedì 17 ottobre 2013

Visto




Visto

“Goya et la Modernité” alla Pinacoteca di Parigi.  Splendida mostra, soprattutto per i molti disegni:  La Tauromachia,  I Capricci, i Disastri della Guerra,  I Proverbi.  Segno pittorico visionario e allo stesso tempo concreto,   impietoso e allo stesso tempo colmo di delusione .  Siamo partiti nel 1777 con il ciclo dei “Giochi infantili”, dove Goya raffigura spesso un piccolo o una piccola  in disparte che piange mentre gli altri, straccioni anche loro, sono al centro di un gioco scatenato.   Non vi è alcuna delicatezza in questi sei quadretti, né gentilezza.  La pennellata è dura, la composizione  mossa dalla violenza, la stessa di cui sono vittime i fanciulli poveri e analfabeti di Roma e di Madrid.  Presto Goya si è reso conto che il mondo è popolato soprattutto di vittime : il toro fiero e inerme che si difende soltanto in un gioco micidiale,  i poveracci che muoiono come mosche, in mille modi, durante la guerra civile, non più individui ma carne da cannone. La scacchiera sulla quale si muovono non appartiene loro.

Il sogno diventa incubo e non solo alla fine, con i Proverbi che ormai di si avvicinano alla grande opera al nero della vecchiaia, dipinta nella sua Casa del Sordo  a Madrid.  La disperazione di Goya trae origine da una speranza vanificata da quel che vedeva non solo con gli occhi ma con una lucidità di ghiaccio.  Una parabola inevitabile dalla nascita alla morte? 
 

mercoledì 9 ottobre 2013

l'impazienza di Barisoni


Sebastiano Barisoni dimostra, nel suo programma di Radio 24 delle 17.00,  una grande irritazione verso coloro che sostengono di voler uscire dall’Euro.  A parere mio, questi tanti noiosi non vogliono uscire dall’Euro, operazione praticamente impossibile per le sue tante complicazioni e ramificazioni. Vogliono semplicemente, come me, uscire dall’Europa, punto.  La cosa è semplice così.  L’Europa ci sta strangolando con una burocrazia incomprensibile e deleteria che è la causa primaria del declino del continente.

L’Europa vuole la serietà finanziaria e fiscale, la solidarietà verso gli inermi, la giustizia giusta, il lavoro garantito, la sicurezza alimentare, nelle imprese, il rispetto dell’ambiente e della democrazia, la fine delle guerre, ma non sembra in grado di fare niente.  Resta a oggi un puzzle incompiuto – e l’ho scritto altrove – di  misure incomplete, mai portate fino in fondo, ma assolutamente rigide che si tramutano a livello nazionale, regionale, provinciale – almeno in Italia - in altrettanto regole e misure, potenziate ancora in senso restrittivo, per non dire repressive.  La bella figura non se la rifiuta nessuno, soprattutto lo Stato italiano che dimostra da tempo di non aver alcun progetto in nessuno dei casi suddetti.  Meglio la burocrazia, tanto più se alimenta un vivaio di burocrati infiniti e ingordi.

Io produco il vino.  Mi dicono tutti “che bello, sei in campagna, ti godi la vita”.  La mia risposta è “No.  Io la campagna la vedo dalla finestra del mio ufficio, non altrimenti.”  Il resto del tempo lo passo a riempire comunicazioni e formulari per i quali  mi devo districare nelle leggi, proroghe, deroghe istituite dall’Europa, e ampliate dallo Stato italiano in un linguaggio incomprensibile che rimanda a Reg. tal dei tali,  al DDl tal dei tali, all’articolo tal dei tali, senza illuminarci, senza specificare i contenuti, per cui bisogna andare a cercarseli, rischiando di perdersi, o facendo costosi corsi di aggiornamento i cui gli stessi oratori spesso confessano di capirci poco o nulla.  Perdita secca di tempo e abisso di incertezza in cui non si possono che annidare gli sbagli, le scorrettezze, per non dire le illegalità.  Immagino cosa sia per argomenti assai più complessi come la finanza, la fiscalità la solidarietà, la giustizia ecc ecc ecc.

Barisoni , ti voglio bene, ti ascolto tutti i pomeriggi molto volentieri.  Siamo sulla stessa lunghezza d’onda liberale, Ma devi prendere coscienza di questo problema.

lunedì 7 ottobre 2013

I nostri TG ingessati







E’ sconsolante pensare che se gli italiani non parlano altre lingue non hanno accesso a notizie complesse e globali.  I TG italiani, SKY TG a Rai 1, Rai 2, la 7 s’interessano esclusivamente di notizie politiche italiane, cronaca italiana (quanta! troppa!).  Tranne in caso di notizie bomba come Piazza Tahrir o le armi chimiche in Siria o il Shutdown americano,   Ma per una informazione costante, ampia e spaziante su problemi globali come lo sviluppo di Al Quaeda in Africa , o solo sull’Africa, continente in movimento come pochi altri,  o la conferenza TPP che Obama ha abbandonato per via del Shutdown, o la ricerca sulle faglie assassine in Giappone, o gli attentati in Pakistan e in Iraq,  si va su CNN, su BBC, su France 24, su NHK, o su Al Jazeera, non sui TG italiani.  Gli italiani sono segregati dal mondo dalle notizie che ricevono, notizie e basta, senza un’illustrazione, un commento.  Ragazzi, bisogna sapere le lingue per liberarsi da un stampa televisiva e in larga parte anche scritta,  con orizzonti ristrettissimi.  Svegliamoci.  Non facciamo parte del mondo se non sappiamo quello che accade.

giovedì 3 ottobre 2013

Questa volta è fatta davvero...



Berlusconi è fuori gioco, ci si è messo da solo ascoltando tipi come Verdini e Santanché, lasciandosi impressionare dalle fosche previsioni di Ghedini.  Meglio era se ascoltava Quagliarello, Cicchito, Lupi, Alfano, che niente hanno del voltagabbana e che lo hanno servito sempre con grande lealtà, soprattutto senza strisciare.  Lo dimostra il fatto che sono tornati a l’ovile, perché era il gesto politico da fare.  Domani B. affronterà la commissione che lo farà decadere, senza aspettare la Cassazione.  E poi, chissà? Il carcere, forse.

Nessuno può dire cosa ne sarà di Forza Italia, con o senza elezioni.  Più facile immaginare il casino che sta per nascere nel PD, in attesa del congresso e senza il solito utile spauracchio che è stato Berlusconi.  Renzi che fa il grillino della situazione. Epifani, un brav’uomo che crede più nell’ideologia che nella concretezza, e giudica le cose con i suoi rigidi parametri di vecchio sindacalista di sinistra. Spera di continuare a disporre di una classe di lavoratori perfettamente allineata.  Non sarà così, se non a parole.  In tempo di crisi, si salvi chi può.  Il sindacato ha perso molti pezzi in questi ultimi anni e ne perderà ancora, se non si rende conto che fa parte del mondo insieme all’impresa e che con essa deve raggiungere un’intesa pragmatica.  Ci vuole immaginazione, ma in alcune imprese è successo, con ottimi risultati.

Nessuno può dire come andrà il rinato governo Letta.  Il Premier è giovane, ragiona bene, capisce i problemi. Ha un difetto:  continua a dire ciò non pensa, vuoi per cinismo o per ingenuità. Vi ricordate in America, nei suoi colloqui con gli investitori? “L’Italia è un Paese stabile e virtuoso”? Al suo ritorno, si è visto.  Ora si tratta per lui di governare veramente questo Paese, e non solo la legge di stabilità.  Nella prima versione del suo governo ha usato gli stessi strumenti di Mario Monti.  Un passo avanti e tre dietro.  IMU sì, IMU no, aumento dell’IVA sì e poi no, e via dicendo.  Tutto ciò per evitare gli snodi essenziali che sono il taglio della spesa pubblica (fa male), la riforma della Costituzione (sacrosanta e intoccabile fin adesso), di una legge elettorale disdicevole e, infine, la riforma improrogabile della Giustizia. 


La coperta è stretta e non si allargherà con i discorsi o con l’aumento delle accise.  Servono le forbic in mano e tanto coraggio.  Non è sicuro che Letta ne sarà capace.