giovedì 17 ottobre 2013

Visto




Visto

“Goya et la Modernité” alla Pinacoteca di Parigi.  Splendida mostra, soprattutto per i molti disegni:  La Tauromachia,  I Capricci, i Disastri della Guerra,  I Proverbi.  Segno pittorico visionario e allo stesso tempo concreto,   impietoso e allo stesso tempo colmo di delusione .  Siamo partiti nel 1777 con il ciclo dei “Giochi infantili”, dove Goya raffigura spesso un piccolo o una piccola  in disparte che piange mentre gli altri, straccioni anche loro, sono al centro di un gioco scatenato.   Non vi è alcuna delicatezza in questi sei quadretti, né gentilezza.  La pennellata è dura, la composizione  mossa dalla violenza, la stessa di cui sono vittime i fanciulli poveri e analfabeti di Roma e di Madrid.  Presto Goya si è reso conto che il mondo è popolato soprattutto di vittime : il toro fiero e inerme che si difende soltanto in un gioco micidiale,  i poveracci che muoiono come mosche, in mille modi, durante la guerra civile, non più individui ma carne da cannone. La scacchiera sulla quale si muovono non appartiene loro.

Il sogno diventa incubo e non solo alla fine, con i Proverbi che ormai di si avvicinano alla grande opera al nero della vecchiaia, dipinta nella sua Casa del Sordo  a Madrid.  La disperazione di Goya trae origine da una speranza vanificata da quel che vedeva non solo con gli occhi ma con una lucidità di ghiaccio.  Una parabola inevitabile dalla nascita alla morte? 
 

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