Berlusconi è fuori gioco,
ci si è messo da solo ascoltando tipi come Verdini e Santanché, lasciandosi
impressionare dalle fosche previsioni di Ghedini.  Meglio era se ascoltava Quagliarello, Cicchito, Lupi, Alfano,
che niente hanno del voltagabbana e che lo hanno servito sempre con grande
lealtà, soprattutto senza strisciare. 
Lo dimostra il fatto che sono tornati a l’ovile, perché era il gesto
politico da fare.  Domani B.
affronterà la commissione che lo farà decadere, senza aspettare la Cassazione.  E poi, chissà? Il carcere, forse. 
Nessuno può dire cosa ne
sarà di Forza Italia, con o senza elezioni.  Più facile immaginare il casino che sta per nascere nel PD,
in attesa del congresso e senza il solito utile spauracchio che è stato
Berlusconi.  Renzi che fa il
grillino della situazione. Epifani, un brav’uomo che crede più nell’ideologia
che nella concretezza, e giudica le cose con i suoi rigidi parametri di vecchio
sindacalista di sinistra. Spera di continuare a disporre di una classe di
lavoratori perfettamente allineata. 
Non sarà così, se non a parole. 
In tempo di crisi, si salvi chi può.  Il sindacato ha perso molti pezzi in questi ultimi anni e ne
perderà ancora, se non si rende conto che fa parte del mondo insieme
all’impresa e che con essa deve raggiungere un’intesa pragmatica.  Ci vuole immaginazione, ma in alcune
imprese è successo, con ottimi risultati.
Nessuno può dire come
andrà il rinato governo Letta.  Il
Premier è giovane, ragiona bene, capisce i problemi. Ha un difetto:  continua a dire ciò non pensa, vuoi per
cinismo o per ingenuità. Vi ricordate in America, nei suoi colloqui con gli
investitori? “L’Italia è un Paese stabile e virtuoso”? Al suo ritorno, si è
visto.  Ora si tratta per lui di
governare veramente questo Paese, e non solo la legge di stabilità.  Nella prima versione del suo governo ha
usato gli stessi strumenti di Mario Monti.  Un passo avanti e tre dietro.  IMU sì, IMU no, aumento dell’IVA sì e poi no, e via
dicendo.  Tutto ciò per evitare gli
snodi essenziali che sono il taglio della spesa pubblica (fa male), la riforma
della Costituzione (sacrosanta e intoccabile fin adesso), di una legge elettorale
disdicevole e, infine, la riforma improrogabile della Giustizia.  
La coperta è stretta e non
si allargherà con i discorsi o con l’aumento delle accise.  Servono le forbic in mano e tanto
coraggio.  Non è sicuro che Letta
ne sarà capace.
 
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