mercoledì 6 gennaio 2010

Vita e destino di Vassili Grossman.- 2

Capitolo 14. Un breve riassunto.

Il colloquio tra Liss, il funzionario della Gestapo, raffinato, blasé e stanco del mestiere che fa, e Mostovskoi il vecchio bolscevico prigioniero in un campo tedesco. Liss non vuole niente, non minaccia né estorce ammissioni, vuole solo discutere con il vecchio bolscevico e convincerlo che le loro due nazioni –la Germania nazista e la Russia sovietica – sono affini , speculari, divise da una guerra in cui chi vince farà vincere anche l’avversario disfatto. Tutte e due nazioni di lavoratori, dove il capitalismo è al servizio dello Stato-Partito, dice lui. Quale è dunque la differenza? Sono armate della stessa visione: costruire la grande forza nazionalista del XX secolo, “Il nazionalismo è l’anima del nostro tempo, dice. Il socialismo in un solo paese è l’espressione suprema del nazionalismo.” Ogni strumento è giustificato a questo fine, in tempo di guerra come in tempo di pace: la persecuzione degli ebrei, la repressione del dissenso, la soppressione della libertà, affinché vinca definitivamente lo Stato-Partito, l’unico a sapere ciò che è bene per tutti. “Il vostro terrore ha ucciso milioni di persone e noi tedeschi siamo stati gli unici a capire che era necessario e giusto,” sostiene Liss e aggiunge: “Siamo forme diverse di una stessa essenza.”

Mostovskoi non capisce quale è il gioco del nazista: forse vuole davvero solo capire? Questo induce nel vecchio bolscevico un attimo spaventoso d’incertezza. E se i dubbi che s’impadroniscono di lui, a volte timidi, altre volte distruttori, fossero la parte più onesta e più pura della sua anima? Presto, però, si riprende, e conclude tra sé: “Se credessi in Dio, penserei che mi abbia mandato questo strano interlocutore per punire i miei dubbi.”

Fede ferrea in entrambi i casi, intrisa di paura, di opportunismo e intimamente, a livello individuale, di una cecità volontaria. Essa è alla radice dell’imperdonabile tragedia in entrambi i Paesi, tragedia che si protrasse per 44 anni in l’Unione sovietica alla quale la vittoria, non raggiunta dai nazisti, diede un’inspiegabile legittimità.

Ne riparliamo ancora di questo libro.

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