E’ venuto dall’altro capo
del mondo, Papa Francesco.  Sulle
prime, nella lunga attesa di vederlo apparire al balcone di San Pietro, ho
temuto che Nanni Moretti avesse fatto scuola.  Poi è apparso quest’uomo, timido, quasi impacciato, uno sconosciuto
per la moltitudine.  La sua breve
presenza è stata già illuminante perché poco mediatica, assorta nella preghiera
insieme ai diocesani ai quali è stata chiesta la benedizione al nuovo vescovo
di Roma.  
Non se ne sapeva
niente.  In un baleno, i media ne
hanno fatto il ritratto:  gesuita,
seguace di san Francesco nell’umiltà e nella povertà.  La cosa mi ha colpita. 
Ho sempre avuto una certa simpatia per i gesuiti, ordine dedito allo
studio e alla pedagogia sin dalla fondazione, poi trascinato per i capelli dal
Sant’Uffizio sulla strada della repressione.  Universalmente detestati in seguito, da gallicani, devoti di
ogni risma, giansenisti, protestanti, e spesso osteggiati dal papa al quale
riconoscevano totale obbedienza, hanno avuto un percorso difficile nella
società europea.  Spesso sono stati
cacciati, ma sono sempre tornati a riprendere la loro vocazione di studio e
d’insegnamento, secondo schemi rigorosi e innovatori.  Alla scienza hanno dato matematici, astronomi, meccanici,
sono stati evangelizzatori attenti, rispettosi e insieme curiosi dei costumi
dei paesi lontani in cui operavano. 
Il nuovo papa gesuita ha
scelto il nome Francesco e tutti se ne sono stupiti.  In realtà molto in comune ha sempre avuto la spiritualità
gesuita con quella di Francesco, nel segno dell’umiltà, della povertà, della
carità, dell’intensa preghiera e dell’attenzione verso gli smarriti.  Questo papa non ha lanciato un ponte
tra i gesuiti cattivi e i francescani buoni, ne aveva riconosciuto le affinità reali da tempo, prima
ancora di essere eletto. Quindi, c’è poco da stupirsi.
Piuttosto c’è da restare
ammirati dal fatto che i cardinali del conclave, questi vecchietti stizzosi e
partigiani siano riusciti a eleggere un papa così singolare in solo due giorni.  Contro loro interessi specifici e ineludibili,
alla fine hanno fatto prevalere la scelta del bene comune, ossia della Chiesa.
C’è una lezione da
imparare qui, volendo.  Sono in
grado i politici italiani, di destra, di sinistra, grillini o altri, a lasciare
da parte le loro brutali risse per far prevalere il ben comune?  Speriamo, speriamo davvero.
 
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