Si sta giocando il tutto ora,
Berlusconi.  Sul piano personale ha
diritto di suicidarsi come pare a lui.  Ma non ha il diritto di fare morire nell’uovo il rinascente
movimento di Forza Italia, il cui importante vivaio elettorale resta orfano
così, e in balìa al più promettente compratore. Purtroppo, questo non sembra
rientri fra le sue preoccupazioni. 
Ordinando ai parlamentari pidiellini  di dimettersi, si è tolto l’unico strumento di lavoro che
aveva a disposizione e l’unico strumento democratico per ottenere una crisi
ragionata.  Ed è qui che si
auto-nega definitivamente la dimensione di uomo di Stato – che forse non ha mai
realmente avuto.
Dire basta non basta,
anche se qualche ragione ce l’ha Berlusconi.  Potranno spolmonarsi all’infinito gli uomini del PD nel dire
che Berlusconi è stato condannato dalla giustizia e merita la condanna.  Vi ricordate la storia della pagliuzza
e del palo? La giustizia, con Berlusconi, è stata ingiusta, arbitraria,
illiberale  e a tratti persino
illegale nelle sue decisioni, laddove è sempre stata compiacente verso la sinistra,
sin dai tempi ormai lontani di Tangentopoli.  La sinistra ha goduto dell’impunità grazie a una
magistratura molto distratta nei suoi confronti - ed è dire poco - giacché ha ignorato,
abbuiato, affossato, laddove lo riteneva necessario.  Ultimo caso:  il
Monte dei Paschi.  
Tutto questo non
giustifica Berlusconi, specie in questo momento.  Facendo dimettere i suoi soli ministri, avrebbe continuato
la partita di scacchi e forse l’avrebbe vinta non togliendo la fiducia al
governo - questa è l'idea di qualcuno molto vicino a me e molto razionale.  Berlusconi l'’avrebbe vinta per la
semplice ragione che il PD, le cui debolezze e contraddizioni interne hanno raggiunto il punto d'implosione,  sarebbe stato
messo allo sbaraglio.  Da tempo la
demonizzazione di Berlusconi rappresenta ormai l’unica possibilità per il PD di
mantenere un’unità di facciata – finché dura.  Da ieri, Berlusconi, con la sua mossa da Kamikaze, gli
lascia campo libero.  
Stiamo assistendo a una
convulsione gravissima del nostro sistema politico, e non saranno le
ammonizioni del Presidente della Repubblica a placarla.  Ci vuole la spada di Alessandro per
tagliare il nodo gordiano che, da anni, la mancata riforma elettorale a stretto
fino all’impossibile.  
 
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